Venerdì 8 Novembre 2024
Antonella Coppari
Politica

L’analisi del voto in Liguria, Pd primo partito ma non basta: crollano i 5 Stelle a casa di Grillo

La lite tra Conte e il garante affossa il Movimento. Ma così alla fine paga il campo largo. A sinistra la logica dei veti contro Renzi svantaggia Orlando e vanifica il risultato dei dem

Roma, 29 ottobre 2024 – Alla lotteria del voto ligure il centrodestra pesca il biglietto vincente: “Ancora una volta la coalizione unita ha saputo rispondere alle aspettative dei cittadini, che confermano la loro fiducia nelle nostre politiche e nella concretezza dei nostri progetti”, esulta Giorgia Meloni. Ma il grido risulta un po’ strozzato. Perché il successo è innegabilmente un regalo di Giuseppe Conte. È lui che ha messo il veto su Renzi, intonando il de profundis per il campo largo: in un duello sul filo di lana ogni contributo è vitale. Soprattutto, è stato lui a litigare con il fondatore di M5s a poche ore dall’apertura delle urne: non solo l’Elevato non ha votato a Genova, la sua città, ma molti elettori pentastellati hanno seguito il suo esempio. Di qui, il crollo di M5s.

Andrea Orlando, candidato della coalizione di centrosinistra in Liguria
Andrea Orlando, candidato della coalizione di centrosinistra in Liguria

Per quanto la sconfitta bruci, anche perché in ballo c’è Andrea Orlando il suo candidato, Elly Schlein ne esce bene. Il Pd non solo è di gran lunga il primo partito, ma doppia FdI: “A noi non interessa arrivare primi, ma che vinca il centrodestra”, taglia corto il responsabile dell’organizzazione tricolore Giovanni Donzelli. Malgrado si tratti di una vittoria insperata fino a poche settimane a causa dell’affaire Toti, nella maggioranza il mutismo è d’obbligo fino a sera avanzata. Ad esporsi prima della fine dello spoglio è il sindaco di Imperia Claudio Scajola: “Faccio gli auguri a Marco Bucci. Ha vinto”. Un modo per mettere il cappello sul successo: a gonfiare le vele del neo-governatore sono stati i voti arrivati dal suo territorio. A bocce ferme, tutti tirano un sospiro di sollievo, ma nel successo ci sono diverse ombre di cui lei è ben consapevole. Intanto, il sindaco uscente di Genova è stato duramente sconfitto nella sua città come a La Spezia e Savona: tra i capoluoghi, solo ad Imperia la maggioranza tiene. Si profila la fisionomia di una destra perdente nelle città, dunque tra le fasce più produttive, che riesce a vincere solo grazie alle province.

Ottimo per Matteo Salvini che soddisfatto del suo 8,5% se la ride: “Sicuramente a sinistra qualcuno si aspettava qualcosa di diverso”, ma “nonostante le inchieste, i liguri non sono fessi e hanno scelto. Questo risultato è anche figlio del buon governo del centrodestra e di Giovanni Toti”. Gioisce Antonio Tajani, con meno enfasi del leader della Lega: “Vince il Buongoverno del centrodestra”. Di sicuro, c’è che Giorgia Meloni mira ad un altro tipo di destra rispetto a Salvini. Sa bene che questo risultato potrebbe essere foriero di tensioni domani con tre regioni settentrionali su cinque in mano al Carroccio e la quarta a Forza Italia: impossibile per lei piegarsi alla richiesta che per Salvini è imprescindibile. Quella di piazzare un altro leghista in Veneto.

A conti fatti, l’elemento più allarmante per la coalizione di centrodestra è che, per quanto paradossale possa apparire, la sconfitta di ieri conferisce a Elly Schlein la forza per risolvere lo stallo in cui annaspa da mesi e che ha portato al fallimento del rigore a porta vuota, perché tale si configurava qualche mese fa la partita in Liguria. Il veto di Conte su Renzi è stato esiziale non solo perché ha spostato alcune migliaia di voti ma perché ha restituito l’immagine di una coalizione fittizia e di una leadership inesistente. Il leader di Iv, naturalmente, non manca di segnalarlo: “Ha perso soprattutto chi concepisce la politica come uno scontro personale, come un insieme di antipatie e vendetta. Ha perso chi mette i veti. Ha perso chi non si preoccupa di vincere. Ha perso Giuseppe Conte, certo, e tutti quelli che con lui hanno alzato veti contro Italia Viva. Solo le mie preferenze personali delle Europee sarebbero bastate a cambiare l’esito della sfida”.

Dunque? Da un lato, c’è un Pd fortissimo che, in tutta evidenza, ha vampirizzato un M5s che è in ginocchio. Dall’altro, c’è il leader del Movimento che ora sa di non poter più contare su quella che è sempre stata la sua carta vincente: la convinzione di giocare una partita win-win. Di avere tutto da guadagnare in termini di consensi anche rompendo con il Pd. Ora, Elly ha in mano tutte le carte per imporsi come vera leader del centrosinistra. Ne è consapevole tanto che ripete ai suoi: “Basta veti. Per vincere ci vuole l’apporto di tutti”. Certo, non è detto che la segretaria del Pd riesca a sfruttare le carte vincenti che gli elettori liguri le hanno servite. Se ci riuscirà, la destra non potrà più contare sugli autogol della squadra avversaria. La premier lo sa e per questo quella di ieri è una felicità non priva di macchie.