Altra grana Pd: scoppia la rivolta degli esclusi

I sottosegretari non riconfermati attaccano la segreteria. "Non abbiamo più un ruolo strategico". Fuoco incrociato su Orlando

Nicola Zingaretti (ImagoE)

Nicola Zingaretti (ImagoE)

Nel Pd, ormai, ogni giorno ha la sua pena. Ieri è stata la giornata della ‘rivolta degli esclusi’ o meglio delle ‘escluse’. Trattasi delle ormai ex sottosegretarie Sandra Zampa (Salute) e Alessia Morani (Mise) che accusano Zingaretti perché 1) "non mi ha fatto neppure una telefonata per motivare la mia esclusione" e 2) "di aver perso un ruolo strategico", che si tratti della Sanità o, appunto, del Mise. Non che altri esclusi maschi covino minori rancori. Antonio Misiani, già viceministro al Mef, e Matteo Mauri, sottosegretario all’Interno, ancora non si capacitano del perché sono stati fatti fuori. E così pure tutti gli orlandiani (Martella) sono stati fatti fuori. Entra in tackle scivolato pure un ex big di peso, Gianni Cuperlo: "Molteni (sottosegretario agli Interni in quota Lega, ndr) è bravo e conosce la struttura, ma ci deve preoccupare ancora di più. C’è il rischio che la destra resusciti la miscela di propaganda e disumanità dei suoi vecchi decreti Sicurezza".

Infine, arriva pure la stoccata del sindaco di Firenze, Dario Nardella, che lamenta "l’assenza dei toscani dal governo". In più, a spargere sale sulle ferite, ecco l’intervista che il capogruppo dem al Senato, Andrea Marcucci, dà al Foglio. Papale papale, Marcucci – toscanaccio di Base riformista – dice che "al posto di Orlando (oggi ministro e, ancora, vicesegretario di Zingaretti) mi sarei già dimesso. La ex vicesegretaria, Paola De Micheli ha lasciato quando è andata a fare il ministro ai Trasporti". Poi, non soddisfatto dei colpi di fioretto, affonda di sciabola: chiede, di fatto, un congresso anticipato, "una necessità riconosciuta da tutti", e tesse le lodi di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, che "avrebbe la statura e l’autorevolezza per il ruolo di segretario".

Parole che, ovviamente, vengono vissute, al Nazareno, come una guerra di logoramento continua degli "ex renziani che vogliono riportare Renzi dentro il Pd". Per ora, in realtà, gli ex renziani di Base riformista – che terranno, la prossima settimana, una assemblea interna di corrente – preferiscono il wait and see. "Calma e gesso – spiega ad alcuni dei suoi il ministro Lorenzo Guerini – per chiedere il congresso c’è molto tempo e lavoro da fare e di certo non si può fare il congresso col Covid che soffia…".

Ma dentro la sua area in molti scalpitano. Spiega una fonte: "Usciremo da tutti gli organismi di gestione del Pd. La favoletta della segreteria unitaria per noi finisce qua". Resta "il" problema, cioè la nomina dei nuovi vicesegretari dem su cui l’Assemblea nazionale del 13 e 14 marzo dovrà ratificare, ma di cui si parlerà lunedì nel secondo tempo della Direzione del Pd. Zingaretti vuole, a tutti i costi, una donna (in pole c’è la ‘sua’ Cecilia D’Elia, romana) e, se proprio Orlando cederà il passo, un’altra donna. Ma è ormai improbabile che la ceda alle minoranze (la Fedeli o la Serracchiani, nel caso), è invece più facile si tratti dell’espressione dell’area Orlando (Rossomando) o dell’area Franceschini (Pinotti).