Roma, 14 dicembre 2010 - La Camera dei deputati ha respinto, con uno scarto di 3 soli voti, la mozione di sfiducia al governo Berlusconi: a favore del premier si sono espressi 314 deputati, contro 311, due gli astenuti. Berlusconi, assicurano i suoi, avrebbe dichiarato a caldo: "Me l'aspettavo". Previsto un incontro al Quirinale con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

I deputati del Pdl, nell’aula della Camera, dopo che le mozioni di sfiducia sono state respinte, si sono messi a chiedere a gran voce le dimissioni di Gianfranco Fini da presidente della Camera. Quando i parlamentari hanno iniziato a urlare “dimissioni, dimissioni”, Fini si è alzato dal suo scranno e ha lasciato l’emiciclo. A quel punto i deputati del Pdl hanno cominciato a cantare in coro l’inno d’Italia. I deputati della Lega, invece, sono rimasti seduti ai propri banchi e al momento di uscire hanno intonato 'Va' pensiero'.

FINI TRA IRONIA E AMAREZZA - "La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla Via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane", sono state le dichiarazioni di Gianfranco Fini al termine della votazione.

BRIGUGLIO E BOCCHINO: NON CAMBIA - "Cambia poco, con tre voti il governo non va lontano", è stato il primo commento del capo della segreteria di Fli, Carmelo Briguglio, al voto della Camera sulla mozione di sfiducia.
Quanto alla richiesta di dimissioni avanzate da Silvano Moffa nei confronti del capogruppo, Italo Bocchino, Briguglio aggiunge. "Moffa? non ha nemmeno votato...".

Gli fa eco lo stesso Bocchino: "Certo, ora c’è un governo solido, una maggioranza ampia, che saprà mettere in pratica il programma elettorale nell’interesse degli italiani", dice con sarcasmo. "E ora dico al governo: ora che hai preso questa fiducia, che ci fai?", continua. Quanto poi alle dimissioni di Fini, Bocchino replica: "E ai sensi di quale articolo di regolamento Fini si dovrebbe dimettere?".

MARONI:  SOLO PRIMO TEMPO - Quella di oggi è la vittoria del "primo tempo" di una partita ha detto il ministro Roberto Maroni. Ora il premier "ha detto anche ieri al Senato che intende allargare la maggioranza" e bisogna vedere come andrà questa operazione perché altrimenti "è meglio andare al voto" perché tutto bisogna fare tranne che "replicare la pessima esperienza del governo Prodi". Del resto Bossi in mattinata era stato chiaro: "Per quello che si vede in Aula e per il casino che c’è l’unica igiene è il voto. La gente che vede questa roba in tv si allontana dalla politica, capisce che non si può continuare".

BERSANI E D'ALEMA -  "Non cambia nulla, il governo così non ce la fa. La crisi politica esce drammatizzata", è stato il commento del segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Bersani rivendica l’impegno del Pd per tentare di far cadere il Governo:"Abbiamo ottenuto il massimo in questo momento". Il leader Pd respinge anche ipotetiche accuse di aver sbagliato a seguire Fini e Casini: "Non vedo lo sbaglio, la maggioranza aveva 60-70 voti di vantaggio e ora ne ha solo tre".

Molto più duro D'Alema: "Mi pare un episodio vergognoso della storia del Parlamento. Una fiducia - argomenta - raccattata dal governo con tre, quattro voti comprati. Qualche volta alla luce del sole per interessi noti, altri in modo meno palese. La sostanza non cambia. Si tratta di un’operazione irresponsabile condotta con uno stile a cui ci ha abituato Berlusconi". "Il premier dovrà dare conto, comunque, di quello che si è perso per strada visto che è partito con una maggioranza di oltre 400 deputati. Non si capisce bene come possa pensae su questa base, come governare il Paese". Quindi il voto anticipato potrebbe essere più vicino? Chiedono i cronisti a D’Alema e il presidente del Copasir risponde: "Temo di sì".

VENDOLA - Quella di oggi per il governo Berlusconi è "una vittoria provvisoria", dice invece Nichi Vendola. Questo voto, sottolinea il leader di Sel, "da un lato segna la fine politica della maggioranza, dall’altro rende evidente che non c’è spazio per costruire formule un pò artificiali che non hanno fondamento nella realtà".

Secondo Vendola "l’Italia sta sfiduciando Berlusconi, il problema ora è come si trasforma questo sentimento collettivo dilagante di insopportabilità in un processo positivo, un progetto un cantiere". Inoltre il governatore pugliese si dice sicuro che "314 sia un numero maledetto e che per il governo sia solo una vittoria provvisoria perchè può cadere in crisi un attimo dopo".

LA PREDIZIONE DI BOSSI - Quando ancora il voto era sul filo del rasoio, e più d'uno parlava di un pareggio 313 a 313 (nel qual caso la sfiducia non sarebbe passata), Bossi aveva annunciato: "Passiamo, passiamo. Abbiamo il voto che ci mancava".

TERZETTO CON BERLUSCONI - Il cosiddetto gruppo di responsabilità nazionale (Calearo, Scilipoti e Cesario) ha votato compatto il no alla mozione di sfiducia al governo.

INCERTI FINO ALL'ULTIMO - A rendere particolarmente incerta la situazione è stata la posizione di due deputati: il liberaldemocratico Maurizio Grassano, che ha rinunciato alla dichiarazione di voto, e di Antonio Gaglione del gruppo Noi Sud, che in una intervista aveva annunciato l’astensione.

Poi il colpo di scena. La parlamentare finiana Katia Polidori vota contro la mozione di sfiducia al governo tra gli applausi del Pdl, a cui sono seguiti una serie di tafferugli tra i vari esponenti delle forze politiche.

Una scelta che, secondo Luca Barbarescia sarebbe frutto di "minacce alle sue aziende". "Le hanno detto che le chiudevano le sue aziende - ha detto il deputato finiano - Meglio perderle per strada, persone di questo tipo". "Questa - ha detto ancora - è corruzione di pubblico ufficiale. Sappiamo per certo che la Polidori, la cui azienda di famiglia è il Cepu, ha ottenuto rassicurazioni che la favoriscono". Barbareschi ha poi aggiunto che "anche se il governo reggesse per uno o due voti, sarebbe un voto inutile".

MINACCE ALLA POLIDORI - Dopo la votazione Katia Polidori è finita nell'occhio del ciclone. La deputata a denunciato alla polizia della camera di essere stata oggetto di minacce sia attraverso telefonate anonime sia via mail. 

TENSIONE ALLA CAMERA - Il gruppo del Pdl alla Camera ha lasciato l’aula di Montecitorio durante l’intervento di Antonio Di Pietro, per "protesta contro gli insulti", del leader dell’Idv. Il gruppo ha seguito l’esempio del presidente del Consiglio, che ha abbandonato l’aula dopo le prime battute della dichiarazione di voto del leader Idv. I parlamentari del Pdl, riferiscono alcuni deputati in Transatlantico, protestano anche contro il presidente della Camera, che "non fa rispettare il regolamento".

Prima di avviarsi verso l’uscita dell’emiciclo, Berlusconi ha fatto segno con la mano come a dire a Di Pietro ‘’ma che dici’’. Subito dopo Berlusconi, si sono alzati dai loro banchi tutti i deputati del Pdl, ma anche tutti i ministri tranne Gianfranco Rotondi e Giancarlo Galan. Al banco del governo è rimasto, con un altro paio di colleghi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.

Caos anche durante l'intervento del capogruppo di Fli Italo Bocchino. "Lei, presidente - ha detto -, ci ha accusato più volte di essere dei traditori, ma noi respingiamo l’accusa al mittente. Il mio leader è sempre stato ed è oggi, da quando sono entrato in politica, Gianfranco Fini". "Se ha bisogno di guardare in faccia qualche traditore - dice ancora Bocchino rivolgendosi al presidente del Consiglio - si guardi intorno".

Poi incalza: "Il ribaltone, signor presidente del Consiglio, lo ha fatto lei espellendo per lesa maestà il presidente Fini. Questo è il ribaltone della volontà popolare: si serve dei voti dell’opposizione per cacciare coloro che sono stati eletti in maggioranza". E infine: "Berlusconi si dimetta, noi votiamo la sfiducia a questo governo".

Per il Pd parla il segretario Pier Luigi Bersani: "Noi siamo tranquillissimi perché comunque vada oggi per voi sarà una sconfitta, sarà una vittoria di Pirro. Lei, presidente non è più in grado di governare e con un voto in più insegue l’instabilità pilotata per guidare la macchina verso le elezioni".

Il Pdl con Fabrizio Cicchitto. "Oltre all’uso politico della giustizia" si è creata "l’anomalia di un presidente della Camera che utilizza il suo ruolo di terzietà per modificare il quadro politico: ciò crea uno squilibrio molto forte nel cuore sistema istituzionale e un precedente molto pericoloso".

Paolo Guzzanti dirà no alla fiducia. "Non posso che prendere atto dell’impossibilità di votare la fiducia al Governo", ha detto apprezzando il fatto che Berlusconi - al Senato - abbia citato i liberali e le richieste di privatizzazione e riforma della legge elettorale ma considerando che, con la proposta del premier, "le maggioranze diventerebbero soverchianti". Poco dopo però Maria Grazia Siliquini (Fli) annuncia che non vota la sfiducia.

Presenti in Aula anche le tre deputate incinte: Federica Mogherini, Giulia Cosenza e Giulia Bongiorno, quest'ultima arrivate su una sedia a rotelle.

FIDUCIA A PALAZZO MADAMA - Sì Senato a fiducia con 162 voti favorevoli, 135 no e 11 astenuti. Pdl e Lega hanno votato a favore. Pd, Idv, Udc, Api e due senatori Mpa hanno votato contro. Fli si è astenuta. Svp e senatori a vita non hanno partecipato al voto.

Enrico Musso, ex senatore Pdl ora al gruppo misto, si è astenuto. Non hanno votato il presidente del Senato Schifani ed il senatore siciliano del Pdl Galioto, assente. Hanno votato la fiducia i senatori Fosson (Union Valdotaine), Villari (Misto), Burgaretta (Mpa) e Cuffaro (ex Udc).

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