{{IMG_SX}}Roma, 20 giugno 2008 - SILVIO Berlusconi parte per il Consiglio Europeo promettendo: «Darò indicazioni di approvare subito il trattato di Lisbona». E in una giornata nella quale la Lega non aveva mancato di far emergere tutto il suo mal di pancia sul tema e lo stesso Cavaliere non aveva lesinato sciabolate ai Commissari Ue, che farebbero meglio a parlare di meno, e ad una Unione «lontana dai cittadini» alla quale ha promesso «un drizzone», il via libera al trattato non era così scontato.


Fuoco alle polveri l’aveva (ri)dato Calderoli, annunciando che il «trattato di Lisbona non esiste più». Poi Calderoli ha limato, rinviando il redde rationem («non ho mai detto che avrei votato contro alla ratifica, solo che è necessario un referendum...»).

 Di lì a poco è dovuto intervenire Umberto Bossi in persona per assicurare che «la Lega, Calderoli compreso, voterà il trattato di Lisbona». Una svolta: la ratifica parlamentare filerà liscia, e non era scontato. Ma va detto che sulla possibilità di chiedere un referendum Bossi ha detto sibillino: «Poi vediamo...». Roba da sudori freddi per gli europeisti.


Che questa Europa piaccia poco
anche al Cavaliere è infatti sempre più evidente. «È venuto fuori in maniera chiara — ha sottolineato Berlusconi appena sbarcato a Bruxelles — che esistono ora, in Europa, due categorie di cittadini, quelli che hanno espresso il loro parere sul trattato di Lisbona e quelli che non lo hanno potuto esprimere. Coloro che hanno potuto esprimere il loro parere hanno bocciato il trattato e quindi hanno bocciato questa Europa». Il che, si è affrettato a spiegare, «non vuol dire che l’Europa non sia una cosa positiva. Però riteniamo che ci sia bisogno di un rinnovamento nelle sue strutture, nel modo di affrontare i problemi. Deve essere un’Europa più vicina ai problemi dei cittadini».

A questo bisogna aggiungere l’invito alla Commissione a metter fine «alle esternazioni dei commissari», alla quale il presidente del Parlamento europeo Poettering ha replicato: «La commissione ha il diritto e anzi il dovere di parlare». Ma anche la battuta sull’Europa «che rispetto a due anni fa è priva di Tony Blair, Aznar, Chirac e sinora di me stesso, cioè con meno personalità e protagonismo» ha suscitato qualche alzata di sopracciglia nelle cancellerie.

L’EUROPEISMO di Berlusconi, che deve tener ben presente la posizione della Lega, non è quindi a scatola chiusa. Certo, c’è il Colle. Come ha sottolineato Bossi, «Napolitano preme». Anche ieri il Presidente ha spiegato che «dopo la decisione britannica procederanno certamente con speditezza altre ratifiche a cominciare da quella italiana». Berlusconi e Bossi confermano. Il problema è: ma la Lega si farà (poi) promotrice del referendum?