{{IMG_SX}}Città del Vaticano, 2 giugno 2008 - "I cittadini di Paesi terzi, come cittadini comunitari, non dovrebbero essere privati della libertà personale o soggetti a pena detentiva a causa di un'infrazione amministrativa". Lo sostiene monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti.

 

"Ho appena studiato il Progetto di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, attualmente in fase di elaborazione", afferma il presule ai microfoni di 'Radio vaticana', rispondendo ad una domanda sul dibattito in corso in Italia sul reato di ingresso clandestino.

 

"Ho letto, altresì, la Relazione su tale Proposta con molti distinguo e con impegno a migliorare il testo dal punto di vista del rispetto dei diritti umani degli immigrati, nelle varie loro espressioni, e specialmente dei rifugiati, dei minori, ecc. Debbo comunque dire - aggiunge in riferimento specifico all'Italia il numero due del dicastero vaticano responsabile per l'immigrazione - che mi ritrovo personalmente nell'opinione espressa dalla minoranza, a Bruxelles, e cioè che i cittadini di Paesi terzi, come cittadini comunitari, non dovrebbero essere privati della libertà personale o soggetti a pena detentiva a causa di un'infrazione amministrativa".

 

Il presule parteciperà al Congresso panafricano dei delegati delle Commissioni episcopali per le migrazioni, sul tema 'Per una migliore pastorale dei migranti e dei rifugiati in Africa al'alba del terzo millennio', che inizia oggi a Nairobi, in Kenya.