{{IMG_SX}}Roma, 2 maggio 2008 - Basta collegarsi su e-Mule e il gioco è fatto. Su questo sito, come su tanti altri simili di 'peer to peer', tra canzoni e film, è possibile trovare la dichiarazione dei redditi del 2005 di tutti gli italiani. Non è quindi bastato l'intervento del Garante della Privacy per bloccare la diffusione dei contestatissimi elenchi fiscali messi on line mercoledì scorso dal sito dell'Agenzia delle Entrate.

 

È risultato dunque tardivo l'intervento del Garante, almeno per gli esperti della rete, per i quali è stato un gioco da ragazzi copiare le liste per poi ripubblicarle su altri siti o blog dove ora chiunque può collegarsi e dare sfogo alla propria curiosità. Intanto Mauro Paissan, dell'Autorità Garante per la privacy, ha ribadito che l'Authority non sapeva "assolutamente nulla" dell'iniziativa dell'Agenzia delle Entrate. "Il problema - ha spiegato - è di legitimità perchè nel web salta il limite temporale indicato dalle norme" per la consultazione.

 

Monta, intanto, l'onda della protesta contro Vincenzo Visco, il vice ministro uscente dell'Economia considerato l'ispiratore dell'operazione. Roberto Speciale, l'ex comandante della Guardia di Finanza già protagonista di un aspro braccio di ferro con Visco e ora eletto alla Camera nelle fila del Pdl, ha sottolineato che il nuovo governo dovrà intervenire per rimediare alla pubblicazione delle denunce dei redditi, in modo che simili fatti non si possano ripetere.

 

"Il viceministro Visco o chi per lui - ha affermato il generale - facendo un'interpretazione molto estensiva, diciamo ad usum delphini, di un dpr del 1973, che disponeva la pubblicazione dei dati però con determinate garanzie sempre presso le agenzie delle entrate, ha avuto questa bellissima pensata mettendo praticamente in piazza i redditi di tutti gli italiani". Speciale paventa anche il rischio che le informazioni possano essere usate da male intenzionati per richieste di "pizzo, ricatti e sequestri di persona" e considera tutta la vicenda una "vendetta".

 

LA DENUNCIA DEL CODACONS

Il Codacons ha deciso di presentare in 104 Procure una denuncia penale contro il viceministro uscente dell'Economia, Vincenzo Visco, "affinchè anche la magistratura apra delle indagini nell'interesse dei cittadini palesemente danneggiati dalla pubblicazione sul web dei propri redditi senza la necessaria autorizzazione dell'Autorità garante". Lo afferma il presidente dell'associazione dei consumatori, Carlo Rienzi, spiegando che la decisione è stata presa "a seguito dell'irrimediabile violazione della legge sulla privacy e delle leggi 241/90 e 15/2005".


L'articolo 167 del Codice penale, sottolinea Rienzi, "prevede da 6 a 24 mesi di reclusione nei confronti di chi ha diffuso o concorso a diffondere i dati sensibili in spregio della legge 241/90". Nella denuncia l'associazione chiede anche "il sequestro dei dati dei contribuenti da chiunque detenuti, e che si proceda contro chi ne fa commercio, come previsto dal secondo comma dell'articolo 167 del codice penale".

 "Non solo - aggiunge il presidente del Codacons - perchè in base all'articolo 28 della Costituzione anche i consiglieri del viceministro Visco potranno essere citati in giudizio e, supponiamo per assurdo il caso di un ricco contribuente rapito dopo la pubblicazione della sua denuncia dei redditi, in tal caso Visco e i suoi consiglieri potrebbero addirittura essere chiamati a rispondere dell'intero riscatto pagato in relazione al danno prodotto".

 

IL GARANTE DELLA PRIVACY

La diffusione in Internet delle dichiarazioni dei redditi "anche per poche ore, rende infatti ingovernabile la circolazione e l'uso di questi dati così come la loro stessa protezione". Lo afferma il Garante della privacy in una nota, in riferimento alla circostanza che le dichiarazioni degli italiani sono ancora circolanti in rete grazie a sistemi che consentono la condivisione di file. "Ciò che sta avvenendo -sottolinea l'Autorità- conferma quanto paventato dal Garante privacy e l'opportunità del suo intervento volto a far sospendere la pubblicazione sul sito dell'Agenzia delle entrate dei dati delle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti italiani". L'Autorità precisa quindi che l'accessibilità dei dati in rete "non significa che essi siano di per sè liberamente diffondibili da qualunque utente della rete; la loro ulteriore diffusione può esporre a controversie e conseguenze giuridiche".