{{IMG_SX}}Roma, 30 aprile 2008- Gianfranco Fini è il nuovo Presidente della Camera. Il leader di An e' stato eletto al quarto scrutinio con 335 voti. La maggioranza assoluta richiesta al quarto scrutinio per l'elezione del nuovo presidente della Camera era di 306 voti.

 
I presenti e votanti sono stati 611
. Le schede bianche sono state 259, quelle nulle 7, i voti dispersi 3 e Marantelli, deputato del Pd, ha ottenuto 7 voti. I risultati sono stati letti all'assemblea da Pierluigi Castagnetti che ha quindi decretato la proclamazione di Fini.  

L'elezione di Fini è  stata salutata da un lungo applauso e da una standing ovation dei deputati del Pdl e Lega. I parlamentari di centrodestra hanno applaudito a lungo, tanto che il presidente dell'Assemblea, Pierluigi Castagnetti, li ha dovuti fermare chiedendo loro di "lasciare qualche applauso anche per la proclamazione".
Applausi anche da qualche deputato dell'opposizione.  

Ad assistere alla seduta della Camera che ha eletto Gianfranco Fini nuovo presidente c'è anche la maggiore delle figlie di Gianfranco Fini, Giuliana, avuta dall'ex moglie Daniela Di Sotto.

 

 IL DISCORSO DI INSEDIAMENTO

«Sono un uomo di parte, fortemente convinto della bontà dei valori che hanno ispirato il mio impegno politico», ma mi impegnerò per il «rigoroso rispetto del principio di assoluta parità di diritti tra tutti i deputati». Gianfranco Fini, emozionato ma determinato, ha indicato con chiarezza nel suo discorso di insediamento a Montecitorio le linee guida della sua presidenza, che partono proprio dal riferimento ai valori. Un discorso di circa quindici minuti, con sedici applausi e una standing ovation finale, per definire la XVI legislatura per davvero come «una legislatura costituente», perchè «le sfide del tempo in cui viviamo esigono una risposta che metta la società civile in condizione di avvalersi di istituzioni più snelle ed efficienti».

Laicità delle istituzioni, deferente omaggio al Papa, identità cristiana e Tricolore, impegno per dimostrare che i deputati non sono una casta alcuni tra i cardini della proposta di Fini, che poi ha indicato il 25 aprile e l'1 maggio come date di riferimento per gli italiani: «Celebrare la ritrovata libertà dell'Italia e la centralità del lavoro nell'economia è un dovere cui nessuno si può sottrarre», giornate «in cui si onorano valori autenticamente condivisi da tutti gli italiani», nel segno della «ricostruzione di una memoria condivisa» e di «una pacificazione nazionale tra vincitori e vinti».

 

Nette le parole di Fini contro il «relativismo culturale», vera «minaccia» per «la nostra libertà e, di conseguenza, per la nostra democrazia». Al pari del «diffondersi di un senso di insicurezza tra i cittadini», da combattere attraverso il ripristino dell'«autorevolezza dello Stato, del principio di legalità e del diritto alla giustizia».
Altrettanto preciso, infine, il richiamo al lavoro come «diritto di ogni cittadino ad avere un lavoro dignitoso ed equamente retribuito», con la capacità nel contempo di «garantire concordia tra capitale e lavoro e rispondere alla sfida epocale della globalizzazione» e non senza rispondere «all'imperativo morale del massimo impegno per garantire che il diritto al lavoro possa essere esercitato in condizioni di sicurezza».  "Viva l'Italia, viva la Camera dei deputati". Così Fini ha chiuso in Aula il suo discorso di insediamento a Montecitorio.