{{IMG_SX}} MILANO, 28 aprile 2008 — Il primo giugno la Lega tornerà a Pontida con Umberto Bossi. E lei, senatore Calderoli, non sarà lì sul palco come vicepremier. Le dispiace?
Ride di gusto: «Meno male che è andata così, altrimenti, che disagio, davanti ai militanti, mi sarei sentito come... Napolitano».


Roberto Calderoli il giorno dopo l’accordo raggiunto tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi sulla delegazione leghista al governo. Cassato come vicepremier Calderoli. Cassato anche Gianni Letta. Il veto sul leghista sarebbe stato messo dal più fidato consigliere del Cavaliere. Ma c’è anche un’altra versione: settori di Forza Italia e la componente ciellina avrebbero espresso a Berlusconi una profonda ostilità alla nomina del colonnello padano.


Senatore Calderoli, cos’è successo realmente?

«Io ho parlato con Letta, in questi giorni. Siamo due uomini pratici e preferiamo lavorare con un profilo più basso. Diciamo che qualcuno voleva metterci in competizione, e che altri temevano di avere sopra la testa qualcuno che non fosse il premier...».


Lotte di potere, e va bene, ma un po’ oscure raccontate in questo modo.

«Di mezzo c’è la corsa per diventare il delfino di Berlusconi. Io mi sento un pesce piccolo, un luccio. Ricordo, però, che i lucci hanno sempre lasciato il segno con i denti ai delfini».


Forse non è piaciuto il suo appello alla collaborazione rivolto alla futura opposizione.

«Certamente, il problema della mia collocazione è nato da lì. Sono stato segato, ma poco importa. Vede, io credo che questa sia l’ultima possibilità che i cittadini danno alla classe politica per dare vita a un radicale cambiamento. Non vogliamo che, insediato il nuovo governo, i ministri si mettano a lavorare all’ordinaria amministrazione. No, la gente ci ha dato un mandato chiaro. Ma per dare risposte vere, ci vuole uno spirito di collaborazione».


Lei ci aveva abituati a prese di posizione più... nette. Si può dire?

«Sì, forse è paradossale che sia stato io a proporre questo dialogo. Ma per tre anni, come vicepresidente del Senato, credo di aver dimostrato di sapere rivestire anche un ruolo di mediazione».


Ha avuto risposte al suo appello?

«La Sinistra Arcobaleno si è già fatta viva con me. Ho avuto diversi colloqui. E’ importante che una parte del Paese, non rappresentata in Parlamento, concorra però, per esempio, a rifare la legge elettorale. Io ascolto tutti i disagi, anche le proteste che arrivano da Grillo. Non penso che si tratti di un movimento organizzato, ma credo che raccolga l’insofferenza della gente».


Com’è stato il clima dell’incontro in via Bellerio?

«Sereno. Abbiamo cercato di accontentarci a vicenda. Avrebbero voluto far fare a Umberto il vicepremier, ma lui è segretario del partito. Non era il caso. Ho proposto questa soluzione dello spacchettamento. Anche perché io e Bossi siamo complementari sul terreno delle Riforme».


Avete parlato di Formigoni sabato?

«No, per niente. Non nego che saremmo stati più contenti se fosse andato a Roma. Ma i rapporti sono buoni. La questione del Pirellone per noi è rinviata. E, comunque, non avevamo avuto garanzie su quando si sarebbe insediato alla guida della Regione Lombardia un leghista».