{{IMG_SX}}Roma, 23 novembre 2007 - Una manovra pensata a tavolino, altro che rete a favore di Silvio Berlusconi. Dopo la levata di scudi degli azzurri, che da subito hanno gridato al complotto, all'indomani dell'esplosione della nuova bomba politico-giudiziaria che lo coinvolge, l'ex premier affida prima all'amico Fidel il suo pensiero, poi passa al contrattacco parlando in prima persona, denunciando tentativi di sciacallaggio e assicurando che il cammino sulla via delle riforme non sarà compromesso da "attacchi" studiati ad hoc, ai quali l'uomo assicura di essere ormai "abituato".


Intanto il dg della Rai Claudio Cappon annuncia che la società nella sua indagine sarà "garantista come giusto fino all'accertamento della verità, ma se ci saranno responsabilità accertate agiremo con determinatezza" assicurando inoltre "tempi rapidi" .


Sulla pubblicazione delle telefonate si era già espresso criticamente in mattinata il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Una posizione, quella del Capo dello Stato, più volte ribadita e che stigmatizza l'uso disinvolto delle intercettazioni, le quali "sarebbe bene che restassero dove devono restare in linea di principio, almeno fino a che c'è il segreto istruttorio".


Esclude ipotesi di 'complotto', respingendo l'accusa di volere 'inciuciare' con il centrodestra, il Pd: "In tutte le democrazie è normale che maggioranza e opposizione scrivano insieme le regole del gioco e poi continuino a contrastarsi sui contenuti", ammonisce il vicesegretario, Dario Franceschini.
Sulla vicenda intervengono ancora il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, che parla di un'azienda "sfigurata da uno smarrimento e da una perdita della sua autonomia", e il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che sottolinea la necessità di "restituire onore" alla Rai, anche attraverso i ddl di riforma all'esame del Parlamento, per la cui approvazione chiede al Governo "una corsia preferenziale".