Atletica

Nasce un’Italia ad alta velocità sognando il derby in finale

di Giulio Mola

Sognando altre notti magiche. Dopo la sbornia per l’impresa della Nazionale di calcio di Mancini fresca vincitrice degli Europei di calcio, c’è un’altra grande rappresentativa che vuole far sognare gli appassionati italiani. È l’atletica azzurra, pronta a lanciare sulla pista di Tokyo due frecce molto insidiose per gli avversari

Filippo Tortu da una parte, Marcel Jacobs dall’altra, per quella che è già ribattezzato la “sfida nella sfida“ di questa bellissima estate olimpica. Le prove generali ci sono già state fra la fine della primavera e il primo scorcio di luglio, e per ora numeri e tempi sono a favore di Marcel, velocista italo-americano cresciuto a Desenzano. Per il compagno-rivale, qualche nube che si addensa minacciosa perché lo sprinter brianzolo arriva a Tokyo (dove gareggeranno anche altri 75 italiani per un’Italia della pista dai numeri record) come ripescato, non avendo ottenuto il minimo per qualificarsi di 10.05 nei 100 metri.

Nell’ultima esibizione, quella di Montecarlo, Jacobs ha confermato di aver definitivamente fatto il salto di qualità. E, alla soglia dei 27 anni, ha già dimostrato ampiamente di potersela giocare addirittura con i migliori al mondo per accedere alla finale olimpica. Nella notte del Principato, infatti, Marcel ha fermato il cronometro dei 100 metri sul convincente 9.99. A dimostrazione del fatto che lo straordinario primato italiano conquistato tre mesi fa a Savona (9.95) non è stato casuale, tanto più che lo stesso velocista quest’anno ha pure conquistato il titolo di campione europeo indoor dei 60 metri piani.

Insomma, Jacobs è già nella leggenda dell’atletica italiana, perché non era semplice e neppure scontato riuscire ad abbattere nella stagione post-pandemia il record che proprio Tortu (10.17 nel duello di Montecarlo) aveva ottenuto nel 2018. Già tre anni fa Pippo aveva fatto qualcosa di straordinario, sfrecciando nella storia, primo uomo italiano a scendere sotto i 10 secondi netti, trentanove anni dopo lo strepitoso 10.01 di Pietro mennea.

Ventidue anni di talento puro, il velocista con la faccia acqua e sapone da bravo ragazzo, solo in apparenza timido, giorno dopo giorno nell’ultimo lustro ha fatto passi da gigante. Da Costa Lambro, frazione di Carate Brianza al campo di Giussano dove si allena dividendosi con gli impianti di Besana Brianza, sempre sotto lo sguardo attento di papà Salvino, Pippo (come lo chiamano gli amici) è arrivato alla maglia azzurra con un carico di speranze e a questa Olimpiade sperava di arrivarci in condizioni fisiche migliori, in un anno in cui la fortuna ha deciso di voltargli le spalle (ci si è messo di mezzo pure il Covid). E Tortu oggi sa benissimo che dovrà decisamente cambiare marcia se vorrà giocarsi un posto in finale nella seconda settimana dei Giochi, perché le sue prestazioni più recenti non hanno convinto del tutto. E la concorrenza, si sa, è davvero agguerrita.

Discorso a parte per Jacobs, planato in maniera definitiva solo da alcuni mesi nell’elite internazionale dei 100 metri e quel che più stupisce di lui, oltre alla potenza e all’accelerazione in gara, è la sua enorme autostima, visto che già da tempo ripete di essere pronto per scendere a 9.87 e c’è da credergli, perché di fatto i tempi ad oggi realizzati lo pongono al quinto posto della liste mondiali stagionali. Meglio di lui hanno fatto soltanto quattro statunitensi: Trayvon Bromell (9.88), Fred Kerley (9.91), Ronnie Baker (9.94) e Jo’Vaughn Martin (9.94). Il poliziotto bresciano ha tanti buoni motivi per puntare ad una medaglia. la meriterebbe.