Napoli, Salvini contro i 99 Posse. Eccher: “I messaggi d’odio non hanno giustificazione”

Condannati dal tribunale di Napoli i due storici componenti della band napoletana per gli insulti al leader della Lega nel 2015

Nella foto Matteo Salvini

Nella foto Matteo Salvini

Napoli, 12 luglio 2021 - Condannati per diffamazione: Luca Persico detto 'O Zulù e Marco Messina - entrambi del gruppo musicale dei 99Posse - dovranno pagare 8mila euro più un risarcimento e le spese legali per alcune frasi contro Matteo Salvini pronunciate nel 2015, alla vigilia di un comizio del leader della Lega a Napoli, in cui gli rivolsero frasi offensive e minacciose pubblicate sui rispettivi profili social per impedirgli di arrivare in città.

Tempo tre mesi per le motivazioni

La condanna è stata inflitta oggi 12 luglio 2021 dalla VI sezione penale del Tribunale di Napoli (presidente Antonio Palumbo). Tra 90 giorni ci saranno le motivazioni. "Siamo soddisfatti, lo scudo dell'arte invocato dai 99Posse non protegge e non legittima ogni messaggio e in particolare quelli di odio alla persona'', ha detto Claudia Eccher, avvocata di Salvini.

Assolti gli altri due componenti del gruppo

Mentre sono stati assolti gli altri due componenti il gruppo napoletano Massimiliano Iovine e Sasha Ricci. Il giudice non si è pronunciato sulla richiesta risarcimento danni da 100mila euro, chiesto dal leader della Lega. La pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore Gennaro Damiano aveva chiesto la condanna a 10 mesi di reclusione. L'avvocato Rosario Marsico, legale della band napoletana, annuncia «l'impugnazione della sentenza dinanzi alla Corte di Appello» e qualora quest'ultima autorità giudiziaria dovesse confermare la sentenza di primo grado, o anche soltanto parzialmente riformarla, «si procederà dinanzi alla Corte di Cassazione». «Suscitano meraviglia i toni trionfalistici del signor Salvini, - commenta ancora l'avvocato Marsico - è bene che la Lega e il suo leader se li riservino dopo il passaggio in giudicato della sentenza: un rappresentante politico che siede in Parlamento sa bene che è solo una sentenza di primo grado».