Napoli, 3 maggio 2021 - Non ce la fanno più i ristoratori di Napoli che, privi di spazi esterni, restano chiusi come previsto dall’ultimo decreto del governo. E così, armati unicamente di tavoli apparecchiati con piatti vuoti, incrociano le braccia e protestano.
Sono tre i tavoli in piazza VII Settembre apparecchiati e mostrati a simbolo della situazione che i ristoratori stanno vivendo. In particolare i ristorantini del centro, quelli amati dai napoletani, negli ultimi anni invasi da turisti, che vi scoprivano i piatti della tradizione e l'atmosfera del centro storico.
Il sostegno dei Consorzi e del Comune
"Sono 14 mesi - spiega Rosario Ferrara, presidente del Consorzio Toledo Spaccanapoli - che i ristoranti con tavoli solo interni non può lavorare: le famiglie sono allo stremo, chiediamo che si possa riaprire anche a capienza ridotta, perché si deve dare anche a loro la possibilità di sostenere le spese quotidiane. Non mettono un piatto a tavola da tempo e per questo motivo abbiamo portato piatti vuoti”, ha confermato.
E ancora: "Riaprono teatri e palestre, non capiamo il perché non venga tutelato il comparto ristorazione: in centro storico non ci sono grandi superfici, ma trattorie a livello familiare, si arriva a 8, 12, 15 tavoli al massimo”, ha dichiarato Ferrara.
L’associazione, che rappresenta circa 15 ristoranti del centro storico, alza la voce per tutti i colleghi, come ha fatto il consigliere comunale a Napoli, Vincenzo Solombrino, dando vita ad una petizione per chiederne la riapertura.
La disperazione dei ristoratori del centro
Non mette il piatto a tavola per i clienti da molto tempo anche Giuseppina Aiese, nella sua Taverna del Buongustaio, trattoria in un vicolo alle spalle di via Toledo: “È un'attività familiare la nostra - spiega - da 33 coperti, una piccola realtà frutto di sacrifici; non abbiamo mai chiesto nulla a nessuno, la nostra dignità ce la siamo costruita da soli e non ci è stato consentito di andare avanti. Lavoro nel ristorante da 26 anni, mio padre c'era stato 35 anni prima, ci hanno distrutti con questa storia che lavorano solo i ristoratori all'aperto e dopo 15 mesi siamo stanchi".
La donna denuncia una situazione che per i piccoli ristoratori è al limite: "Siamo - dice - le vittime economiche del Covid. Non nego il virus e capisco che all'inizio, non sapendo a cosa si andasse incontro, sia stato giusto chiudere tre mesi in lockdown. Ora però basta, è troppo. Dobbiamo riaprire, io sono fortunata perché fino a oggi posso mettere ancora il piatto a tavola, ma c'è chi non ha più questa possibilità e bisogna pensare alla disperazione delle persone”, ha concluso.
Chiusa anche la trattoria "Nannì" a Toledo, come spiega Vincenzo De Pompeis: "Abbiamo pari dignità - dice - rispetto a chi ha lo spazio esterno. Tutti i cittadini sono in strada, lavorano, si consente il flusso di giovani nelle piazze, e noi siamo chiusi? Chiediamo coerenza. La sicurezza si ottiene con il distanziamento come si fa alle Poste, in banca, in bus, in metro, non vedo perché accanirsi con la ristorazione".