Napoli, favorirono i clan per "tornaconto personale": due carabinieri in manette

Sono state le intercettazioni di otto collaboratori di giustizia a "incastrare" i due militari, che avrebbero tessuro rapporti "opachi" con i clan

Una pattuglia dei carabinieri

Una pattuglia dei carabinieri

Napoli, 4 agosto 2021 - Avrebbero aiutato il clan Cutolo di Fuorigrotta e per questo devono rispondere di favoreggiamento aggravato. Sono stati arrestati i due carabinieri, uno dei quali in servizio a Napoli e l'altro nel Casertano, di cui hanno parlato otto collaboratori di giustizia, definendo “opachi” i rapporti tra i militari e diversi esponenti della criminalità organizzata.

La giudice per le indagini preliminari Maria Luara Ciollaro, del tribunale di Napoli, ha firmato oggi l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Mario Cinque, appuntato della compagnia di Bagnoli, nel Napoletano, già coinvolto in un'inchiesta nel 2018. Ai domiciliari Walter Intilla, carabinieri del Nucleo Operativo e radiomobile del reparto territoriale di Mondragone, in provincia di Caserta. Contro di loro hanno rilasciato dichiarazioni una serie di collaboratori di giustizia e, in particolare, Gennaro Carra, del quartiere Rione Traiano di Napoli. Misure cautelare anche per Gennaro Di Costanzo, boss dell'omonimo clan che controlla una parte di Bagnoli per conto del clan Longobardi-Beneduce di Pozzuoli.

Le intercettazioni dei collaboratori di giustizia

Le conversazioni intercettate dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli, che hanno condotto le indagini sui due colleghi infedeli arrestati oggi anche con l'accusa di avere favorito la camorra, trovano riscontro nelle dichiarazioni “convergenti” rese da ben otto collaboratori di giustizia. Tutti riferiscono, scrive il gip, “di rapporti 'opachì, se non propriamente corruttivi, tra l'appuntato scelto Mario Cinque e alcuni appartenenti alla organizzazioni camorristiche”.

Il giudice, ma anche la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha coordinato l'inchiesta, definisce “trasversale” il contributo di Cinque, rivolto in favore “di chiunque potesse garantirgli un tornaconto personale”. La circostanza, sottolinea ancora il giudice, “non esclude la consapevolezza e la volontà dell'indagato - anche in virtù del ruolo istituzionale da lui ricoperto - di operare a vantaggio dell'uno o dell'altro clan”.

Favori personali e omessi controlli a una bisca clandestina

Uno degli otto collaboratori di giustizia che hanno riferito alla Dda dei rapporti “opachi” tra l'appuntato Mario Cinque e diversi esponenti della criminalità organizzata, è Roberto Perrone, ritenuto affiliato storico del clan Nuvoletta. Perrone ha raccontato di avere ottenuto da Cinque parecchi favori, per se stesso ma anche per altri componenti il clan, omettendo di effettuare i dovuti controlli quando era sorvegliato speciale, e informandolo riguardo eventuali provvedimenti a suo carico.

Perrone, tra le altre cose, parla anche dei favori che Cinque gli faceva quando, nel periodo in cui era sotto sorveglianza, aveva preso l'abitudine di giocare a poker con un gruppo di persone, tra cui figurano anche degli imprenditori: “Le partite venivano organizzate una volta a settimana” e, prima di entrare nella bisca, Perrone “si informava prima quando era di turno Cinque, che veniva a effettuare il controllo presso la mia abitazione e, diversamente dagli altri controlli, si limitava a bussare al citofono e andava via”,

Per uno dei due militari, Mario Cinque, la giudice per le indagini preliminari gip ha dispoto il carcere, mentre Walter Intilla ha il beneficio dei domiciliari. Ai due rappresentanti delle forze dell'ordine viene anche contestato il reato di falso.

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