Clan Moccia, una dozzina di imprenditori al servizio della camorra: chi sono gli arrestati

Gli imprenditori facevano affari per conto della famiglia, che li sovvenzionava con ingenti capitali. Titolari di società apparentemente "pulite" che si aggiudicavano gli appalti

Blitz dei carabinieri

Blitz dei carabinieri

Napoli, 20 aprile 2022 - Sono una dozzina di imprenditori a servizio del clan Moccia destinatari di una misura cautelare emessa dal gip di Napoli, Maria Luisa Miranda, nell'ambito delle indagini sulla cosca militarmente ed economicamente tra le più potenti del Napoletano, radicata ad Afragola e con interessi economici che hanno travalicato anche i confini regionali, estendendosi soprattutto in Puglia, grazie alla complicità di politici locali. Società apparentemente "pulite" che riuscivano ad aggiudicarsi appalti pubblici, tra cui l'Alta velocità di Rfi, corrompendo dipendenti e funzionari.

Un'indagine che questa notte ha portato a un maxi blitz con 57 misure cautelari, tra carcere e domociliari, per camorristi, politici e imprenditori legati allo storico clan napoletano, una struttura piramidale gestita dalla famiglia Moccia e che nei decenni è diventato, secondo il gip, una delle organizzazioni più potenti, sia a livello italiano che internazionale. I Moccia controllavano il mondo dell'imprenditoria, degli appalti e della politica: oggi 28 parlamentari napoletani hanno denunciato presunte pressioni sugli amministratori del Comune di Grumo Nevano, presto commissariato per mafia.

Chi sono gli imprenditori

Tra gli imprenditori finiti nell'inchiesta, spicca Giuseppe De Luca, detto "Pino o Pinuccio 'o presidente", che “lavora” con i Moccia dal 1984 e che per inquirenti, ha un ruolo dirigenziale direttamente legato al boss Angelo Moccia. È proprio lui a promuovere iniziative imprenditoriali "anche attraverso condotte turbative delle procedure di gara finalizzata all'aggiudicazione di importanti appalti pubblici indetti Rfi Spa, in cui partecipano in qualità di soci occulti i fratelli Moccia con ingenti investimenti posti a disposizione degli imprenditori formalmente aggiudicatari degli appalti".

Fratelli Esposito, testa di ariete sul fronte ferroviario

Poi ci sono Giuseppe e Umberto Esposito, che lavorano nel settore dell'edilizia privata come titolari della Salin Costruzioni Srl, che hanno ricevuto favori e sono stati finanziati e protetti dei fratelli Angelo e Antonio Moccia, con i quali condividono di fatto interessi economici perché destinatari di loro investimenti occulti. Umberto, in particolare, ha eseguito una bonifica ambientale il 30 giugno del 2018 negli uffici della Kam Costruzioni di Casoria, in via Michelangelo, per liberarla dalle microspie messe dal Ros che monitorava da tre anni gli affari della cosca. La Kam è di proprietà di Giovanni, Angelo e Manlio Esposito, che lavorano con Rfi e che per gli inquirenti avrebbero corrotto funzionari pubblici e dipendenti di Rfi.

Pressioni sui politici pugliesi

Anche Angelo insieme a Umberto Esposito e alla madre di lui, Rosa, e altre due persone hanno “ripulito” gli uffici dell'azienda dagli orecchi elettronici della magistratura. Poi c'è Francesco Di Sarno, che si occupa della raccolta di rifiuti, oli esausti e scarti di macellazione, e attraverso una delle sue attività, la Soloil Italia Srl, è entrato in Puglia grazie all'ex vice presidente del consiglio comunale di Bari, Pasquale Finocchio, che facilitò all'azienda il rilascio dell'autorizzazione unica ambientale della Città metropolitana di Bari e del Comune di Modugno, garantendo l'assenza di controlli amministrativi e fece anche pressioni su esponenti politici locali, come il sindaco di Casarano, in provincia di Lecce, in modo che l'azienda potesse concludere il contratto.

Tra gli imprenditori arrestati stanotte dal maxi blitz della Procura, che ha emesso provvedimenti per 57 persone e sequestrato beni per 150 milioni di euro, compaiono Enrico Petrillo e Angelo Piscopo, attivi a Casoria per conto del clan, e Giovanni Russo, la cui concessionaria auto era il luogo delle riunioni della cosca la sua concessionaria auto.

Il gip: "Una delle cosche più potenti”

La particolare insidiosità della famiglia Moccia deriva dalla capacità di saper interagire con realtà imprenditoriali completamente diverse operanti in altre regioni, annota il gip, capacità che continua ai giorni nostri dalla prima metà degli anni '90. L'inchiesta abbraccia un arco temporale che va dal 2015 al 2018, con accertamenti fino al 2019, e dimostra che il clan continua a essere "una delle più potenti e pericolose organizzazioni camorristiche nel panorama nazionale con radicamento nei territori della provincia napoletana e una forte strettissima relazione con altri gruppi mafiosi tanto campani che nazionali", in grado di stringere patti con l'economia e la politica "per operare profittevoli investimenti dei capitali illeciti" nell'economia legale e non.

Una struttura confederativa piramidale

Nel corso del tempo, i Moccia sono diventati una confederazione di singoli gruppi criminali locali, dotati ciascuno di loro di una propria competenza territoriale, e guidati da un senatore, storico affiliato di rango del clan. Sopra di loro il coordinatore delle articolazioni territoriali, che gestisce la cassa comune ed è nominato dal gruppo dirigente della cosca, praticamente composto dalla famiglia Moccia (prima dalla vedova del boss fondatore Angelo, Anna Mazza, morta nel 2018 e ora dai suoi quattro figli Angelo, Luigi Antonio e Teresa insieme il marito Filippo Iazzetta), i quali, seppure in modo defilato, anche perché si sono allontanati dalla Campania, continuano a dirigere la cosca. Insomma una struttura confederativa piramidale al cui vertice c'è ancora il nucleo familiare originale.