Sabato 19 Luglio 2025
ANTONIO TROISE
Napoli

Cardillo (Stoà): Napoli è cambiata ma occorre fare di più per fermare la fuga dei giovani

Intervista con il direttore del centro di alta formazione di Ercolano: meno burocrazia per accelerare la riforma degli Its

Il direttore di Stoà, Enrico Cardillo

Il direttore di Stoà, Enrico Cardillo

Le imprese che vanno a caccia di profili professionali che non trovano, il grande disallineamento fra i programmi scolastici e i cambiamenti industriali, la fuga dei giovani dal Sud. Enrico Cardillo è direttore di Stoà, il centro di eccellenza per la cultura manageriale, di Ercolano. Un punto di osservazione privilegiato per capire le dinamiche del mondo del lavoro.

La formazione tecnica è sempre stato l'anello debole del nostro mercato del lavoro. Qualcosa sta cambiando?

“Questo è un punto di grande debolezza del sistema di istruzione italiano. Per troppi anni, la separazione tra cambiamento industriale e sistema di istruzione caratterizzato da programmi datati, ha fatto danni. Inoltre, in Italia c’è stata la rimozione del valore del lavoro industriale. Un paradosso per un Paese di eccellenza industriale come l’Italia. Qui sono mancati, fallendo governi e politica. Non è stata mai avviata una riforma della scuola capace di avvicinarla alla realtà ed ai nuovi paradigmi dell’economia. Insomma, il nostro è stato un Paese miope e conservatore, mettendo in difficoltà il sistema industriale. Da qualche tempo, grazie al lavoro avviato da Patrizio Bianchi, al governo c’è stata una svolta soprattutto con gli Its. La collaborazione forte tra imprese, scuola, agenzie formative ed università può mettere in grande sintonia domanda ed offerta di lavoro che, negli anni scorsi, è stata disallineata. Un danno enorme per i giovani che cercano lavoro e non lo trovano ed imprese che cercano competenze che non trovano”.

Esiste ancora una forte disallineamento fra le imprese che cercano profili adeguati e l'offerta. Qual è la situazione a Napoli e, più in generale, nel Sud?

“A Napoli e nel Mezzogiorno l’esperienza degli Its è partita in ritardo rispetto alle regioni forti del Centro-Nord, dove hanno spin molto le imprese. Da qualche anno, anche in Campania e nel Mezzogiorno, si stanno radicando esperienze di successo di Its Academy. Bisogna accelerare perché la forbice tra domanda ed offerta di lavoro in un’area in cui ci sono alti tassi di disoccupazione e’ imperdonabile. Ma sta cambiando”.

A che punto è la riforma degli Its?

“La riforma degli Its, avviata da questo governo, va nella direzione giusta. E’ cambiata la struttura degli Its, ci sono nuovi organi, una Rete Its Italy e, fatto non secondario, sono state messe a disposizione copiose risorse dei fondi Pnrr per il potenziamento dell’offerta formativa e dei laboratori. Novità importante. La realizzazione di queste importanti novità è , però, spesso rallentata da lungaggini burocratiche ministeriali e regole farraginose”.

Perché in Italia non sono mai decollati veramente?

“Perché manca un’attività di orientamento fatta da soggetti esperti capace di fare capire le enormi opportunità per giovani attraverso questi percorsi di istruzione post diploma che vedono alternarsi studio in aula e lavoro in azienda”.

Napoli e il Mezzogiorno registrano ancora un forte gap del tasso di occupazione, nonostante la crescita dei posti di lavoro degli ultimi anni. Che cosa si deve fare per invertire la tendenza?

“Bisogna rafforzare la convenienza d’impresa e l’attrazione di investimenti nel Mezzogiorno. Bisogna invertire i processi di esodi dei giovani laureati dal sud creando convenienza a restare, arginare con politiche pubbliche la denatalità che pesa come grande ipoteca sul futuro del Mezzogiorno. Le città del Mezzogiorno, le sue aree metropolitane devono essere migliorate nelle infrastrutture materiali ed immateriali, essere dentro la rivoluzione energetica, digitale, ambientale. Lo sviluppo del Mezzogiorno, che fortunatamente sta mostrando da anni vitalità di Pil ed Occupazione, ha bisogno di intercettare grandi flussi turistici di qualità ma , soprattutto, di moderna industria capace di valorizzare l’enorme potenziale di capitale umano. Servono politiche pubbliche adeguate, amministrazioni locali efficienti e investimenti privati”.

E che cosa bisogna fare per frenare o rallentare la fuga dei giovani dal Sud?

“Il Mezzogiorno non può essere un territorio di vecchi. Ora si stima che dal 2024 al 2035 si perderanno 150 mila abitanti. Non saremmo un Paese normale se accadesse. Nel Sud occorrono, in continuità con le tanti luci che sono comparse in questi anni, condizioni per rendere questo territorio a forte vocazione di giovani e di talenti. Per farlo ai giovani bisogna dare migliori salari, contratti stabili, abitazioni accessibili economicamente, servizi, buona qualità della vita. Sono i giovani la grande risorsa su cui puntare per il futuro. La nostra e’ una società ingiusta perché è a misura di “ garantiti”, “insider “. Bisogna cambiare paradigma. Il futuro che si prepara oggi è per e con i giovani”.