Camorra, attentato dinamitardo, armi e droga: sei arresti

Nel mirino delle indagini il clan attivo a Ponticelli De Luca Bossa, dell'Alleanza di Secondigliano

Carabinieri

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Napoli, 17 gennaio 2023 - Sei affiliati al clan De Luca Bossa sono stati arrestati questa mattina dal Nucleo investigativo del comando provinciale Carabinieri di  Napoli ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di  Napoli su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di sei indagati, di cui tre già detenuti, ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di detenzione illegale di armi ed esplosivi, detenzione di stupefacenti e ricettazione, fatti tutti aggravati dalla finalità di agevolare le attività del clan De Luca Bossa, attivo nel quartiere Ponticelli e rientrante nella sfera di influenza del cartello criminale 'Alleanza di Secondigliano'.

Scoperti mandante ed esecutori contro il clan De Micco - De Martino

L'indagine è stata condotta dai militari sull'operatività del clan De Luca Bossa e sulla perdurante contrapposizione armata tra quest'ultimo e quello 'De Micco - De Martino'. Dagli accertamenti, fanno sapere i carabinieri in una nota, si è arrivati a identificare mandante ed esecutori materiali dell'attentato dinamitardo, avvenuto il 23 luglio 2022 a Ponticelli, contro il clan De Micco - De Martino. In quell'episodio, a causa dell'esplosione provocata da un ordigno all'interno di un veicolo, furono danneggiate le vetrate di diverse abitazioni e tre auto parcheggiate. Le indagini hanno inoltre portato a ricondurre al sodalizio la disponibilità di armi e stupefacente, sequestrati il 9 agosto 2022 a Ponticelli.  

Lo sgarbo telefonica scatena la faida 

"È scattata dopo uno sgarbo telefonico la contrapposizione armata, a colpi di bombe, tra i clan De Luca-Bossa e De Micco - De Martino nel quartiere Ponticelli di Napoli. Emerge dall'ordinanza con la quale il gip di Napoli Maria Luisa Miranda ha disposto sei misure cautelari in carcere notificate agli indagati dai carabinieri. Una telefonata interrotta che ha consentito ai De Micco di capire che ormai la guerra era alle porte. I rapporti, sempre tesi, tenuti comunque sotto controllo grazie a un patto, si inaspriscono dopo un duplice arresto che spinse i De Micco all'espansione nello spaccio della droga. Un tentativo mal visto, ovviamente, dai loro rivali. Ma fu un altro arresto, quello di un affiliato ai De Luca Bossa trovato a bordo di un'auto rubata che stava cercando di parcheggiare in una zona di loro «competenza», a determinare l'avvio delle ostilità.

A spiegarlo agli inquirenti durante un interrogatorio è il collaboratore di giustizia Antonio Pipolo, lo scorso 3 agosto. «Pensammo - dice - che parcheggiando quell'auto lì volessero organizzare un omicidio nei nostri confronti e che tale omicidio fosse stato organizzato da Luigi Austero, rimasto reggente».

I De Micco decisero di chiamare proprio il reggente per chiedere spiegazioni e questi interruppe repentinamente la conversazione chiudendo il telefono in faccia ai suoi interlocutori. «Da lì - spiega Pipolo - iniziarono le bombe. Partirono all'attacco perché capirono che avevamo capito». I fatti oggetto dell'indagine riguardano la parte finale di una faida tra i due clan, caratterizzata da una lunga serie di attentati, tentati omicidi e omicidi. Il «pentito» Antonio Pipolo, ex affiliato al clan De Micco, è reo confesso di un duplice omicidio che vide tra le vittime anche un operaio estraneo agli ambienti della camorra: si tratta del 56enne Antimo Imperatore, ucciso insieme con Carlo Esposito, 29 anni, legato al clan De Martino, mentre stava eseguendo dei lavori a casa del reale obiettivo dell'agguato, scattato sull'uscio della sua porta di casa. Il «pentito» spiega anche che il suo clan lo voleva morto, perché, suppone, ritenuto «l'anello debole» della catena malavitosa. La sua morte - secondo quanto era stato deciso nel corso di un summit - sarebbe dovuta sembrare accidentale, durante una rissa in discoteca.