Napoli, 4 luglio 2021 – “Mi oppongo alla violenza”. È l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, a prendere posizione sulle terribile vicenda dei pestaggi in carcere: una pagina nera che han portato a 117 indagati tra dirigenti dell'amministrazione penitenziaria e agenti, di cui 77 sospesi. E don Mimmo Battaglia dice la sua citando il Mahatma Gandhi. "Mi oppongo alla violenza perchè, quando sembra produrre il bene, è un bene temporaneo; mentre il male che fa è permanente", ha detto ieri l'arcivescovo.
"Le aggressioni commesse da alcuni agenti della polizia penitenziaria non solo sono una violazione della nostra Costituzione, che attribuisce alla pena un carattere rieducativo e ai sistemi detentivi di essere fedeli principi di umanità - ha aggiunto - ma rappresentano anche un uragano che ha travolto in modo grave tre comunità a cui sento la necessità di far giungere la mia vicinanza”.
Prima di tutto i detenuti
“La comunità dei detenuti, traumatizzati e feriti dalla violenza – ha continuato don Mimmo - ma anche danneggiati nel loro percorso educativo alla cui base non può che esservi la costruzione di un'autentica fiducia nei riguardi dello Stato e di coloro che lo rappresentano, fiducia gravemente minata da quanto accaduto”.
Danneggiata la parte onesta della polizia. “La comunità della polizia penitenziaria, composta per la grande maggioranza da uomini e donne onesti, che adempiono lealmente il proprio dovere, spesso in condizioni di lavoro difficili e poco curate dal punto di vista psicologico”, è stata travolta dallo tzunami creato dalla vicenda, a cominciare dalle minacce apparse sugli striscioni appesi a Roma e Cagliari, ma anche gli insulti che si stanno scatenando sui sociale e che preoccupano i sindacati.
Timore di vendetta per le famiglie degli agenti
Non va dimenticata, ha sottolineato l’arcivescovo, “la comunità delle famiglie degli agenti coinvolti, anch'essa travolta dalle pagine di cronaca e provata psicologicamente dal timore di ritorsioni e vendetta". Come vescovo di una città "con un enorme numero di detenuti, sento il dovere di ringraziare i cappellani degli istituti penali, i tanti volontari e tutti coloro che per ruolo istituzionale e spirito di solidarietà lavorano per rendere il carcere un luogo sempre più umano e umanizzante". Ma anche "di invocare dal Signore per tutti la grazia di imparare da quanto accaduto affinché mai più si verifichino episodi del genere".