Sì alle alternative alla pelle. Come riconoscere la pelle vegana?

Come districarsi nel sempre più ampio mondo della pelle di origine vegetale

Borsa in pelle

Borsa in pelle

Nel mondo della moda la pelle ha ancora il suo fascino, ma il senso estetico va di pari passo con l'attenzione ai materiali utilizzati e alla loro sostenibilità. Dai produttori ai consumatori, senza tralasciare l'alta moda, le scelte si orientano sempre più spesso non solo verso il cruelty free ma verso l'animal free, prendendo dunque le distanze anche dalla pelle tradizionale. Ecopelle e similpelle sono stati tra i primi a farsi largo per scansare il cuoio dal mercato, ma, da allora, la ricerca ha fatto grossi passi in avanti fino ad arrivare a quella che, ad oggi, rappresenta una delle maggiori area di crescita in fatto di ricerca di materiale di nuova generazione, la pelle vegana. Dall'ananas, al sughero, ai funghi, ma anche scarti della frutta come bucce d'uva di mela e banana, ulivo e tè kombucha, sono molte le pelli a base vegetale. Non tutti però considerano il fatto che molte di queste alternative contengono Poliuretano (PU), un materiale plastico che fa sorgere molti dubbi riguardo la sostenibilità a lungo termine. Le perplessità riguardano il pericoloso spargimento di microplastiche così come la durata di questi materiali e il conseguente tempo necessario per smaltirle dopo l'uso. Nell'esplorare le alternative a base vegetale a discapito di quelle animali, gli esperti del settore mirano quindi a determinare la durate di questi nuovi materiali e la loro reale sostenibilità in termini ambientali. Ciò non significa, tuttavia, che tutte le opzioni in commercio siano ingannevoli, bisogna saper distinguere le etichette e avere consapevolezza di ciò che si acquista e imparare a non farsi travolgere e traviare dal marketing. Il tutto nasce da una sana e attenta informazione.

Plastica

Come anticipato, i primi materiali che hanno cercato di dare un'altra scelta oltre al cuoio sono stati similpelle, ecopelle e vinile, vale a dire plastica. Sicuramente questi prodotti non si basano su materie di origine animale, ma il loro impatto ambientale è comunque significativo, dal momento che sono fatti da PVC e PU, entrambi derivati da combustibili fossili. Nonostante il poliuretano sia preferibile al PVC in fatto di tossicità per gli esseri umani, entrambi i composti sono dannosi per l'ambiente.

Gli ibridi

Piante e funghi sono i primi elementi verso i quali si sono rivolti i pionieri della ricerca nella strada verso la libertà dalle pelli artificiali a base di combustibili fossili. Tanti sono i procedimenti per realizzare materiali a partire dagli scarti alimentari, ma, purtroppo, il prodotto finale è spesso trattato con poliuretano, da qui il suo essere un ibrido tra pianta e PU. Il tessuto ottenuto dalle fibre vegetali viene in questi casi rivestito dal materiale plastico per garantirne la durata e la resistenza all'acqua. Nonostante il livello di sostanze sintetiche vari a seconda del supporto tessile utilizzato e anche se molte aziende utilizzano bioplastiche o plastiche ottenute da risorse rinnovabili e le impieghino in minima parte, il concetto finale è sempre lo stesso. Non si tratta di un materiale totalmente sostenibile come invece si vorrebbe credere.

I principali esempi di pelle vegana

Come anticipato, non siamo di fronte ad un prodotto 100% sostenibile, dal momento che i materiali vegetali sono combinati con quelli sintetici, tuttavia, nella maggior parte dei casi, i vantaggi sembrerebbero superare gli aspetti negativi. Tra le più note pelli vegane ricavate dai funghi troviamo Mylo, prodotta dall'americana Bolt Threads e utlizzata anche da Adidas, Stella McCartney e Ganni. I funghi utilizzati nella produzione di questo materiale vengono coltivati in fattorie verticali, che sfruttano l'energia rinnovabile e i rifiuti agricoli. Il rivestimento che conferisce l'aspetto e le caratteristiche tipiche delle pelle è sottile e a base di poliuretano che permette flessibilità, resistenza e impermeabilità. Come in un vero e proprio menù vegetariano, dai funghi si passa all'ananas. Leader nel campo è Piñatex, un tessuto ricavato dalle foglie della pianta di ananas e prodotto dall'azienda spagnola Ananas Anam. Alcuni piccoli marchi lo hanno già scelto per le loro linee e le fibre utilizzate provengono dalle piante coltivate nelle Filippine, in Bangladesh e Costa d'Avorio. La quantità di materia prima richiesta è notevole ma, dal momento che le foglie delle piante di ananas costituiscono rifiuti, non è un aspetto negativo. Per essere utilizzate, le fibre sono trattate con un acido polilattico a base di mais e, come nell'esempio precedente, rifinite con pigmenti e resine PU a base d'acqua. La Carbon Footprint di Piñatex per metro quadrato, tuttavia, è pari all'8% dell'impronta media della vera pelle. A parità di impronta di carbonio troviamo Reishi di MycoWorks. Realizzata a partire da una base fatta di funghi, che spicca tra le pelli vegane ibride per il basso contenuto di plastiche, inferiore all'1%. Piccolo neo di questo prodotto è il costo, non a caso vanta tra i suoi utilizzatori niente meno che Hermes. Più abbordabile e per questo utilizzata anche da marchi come H&M ed Everlane è la pelle realizzata con foglie di cactus nopal, vale a dire il fico d'india. Impiegata per borse, calzature ma anche per gli interni delle auto, il contenuto vegetale varia dal 30 al 90%. Ad usare il composto ottenuto dalle foglie di cactus sminuzzate ed essiccate è anche la JCA London Fashion Academy dei professori Jimmy Choo e Stephen Smith, dove anche la regina consorte, Camilla, è rimasta piacevolmente colpita dalle scarpe ideate da una giovane allieva dell'accademia, realizzate a partire da scarti di cactus e banana.

Plastic free

Le alternative totalmente prive di plastica esistono e sono fatte di sughero, gomma naturale degli alberi come il caucciù, riso e scarti di noce di cocco. A spiccare nell'utilizzo di questi ingredienti è la startup Natural Fiber Welding che produce Mirum, un materiale totalmente privo di plastica e al 100% di origine vegetale e che ha attirato l'interesse di Camper, Stella McCartney e Bellroy che già lo utilizzano nelle loro creazioni. Questo tipo di materiale è potenzialmente circolare a 360° dal momento che una volta scartato un prodotto può essere riutilizzato per realizzarne uno nuovo in un perfetto ciclo di Upcycling.