
"Chi viene in fiera è un imprenditore che non si è arreso, che crede nel suo lavoro". Venti di tempesta...
"Chi viene in fiera è un imprenditore che non si è arreso, che crede nel suo lavoro".
Venti di tempesta ovunque ci si volti. Proprio per questo il timone deve essere ben saldo, per tirare dritto o per virare quando serva. Antonella Mansi, è la presidente, al terzo mandato, del Centro di Firenze per la Moda Italiana, che controlla, tra gli altri, Pitti Immagine. E mare agitato o no, per lei l’imperativo è aiutare le imprese a navigare.
Presidente Mansi, come arriviamo a questa edizione di Pitti Uomo, la numero 108?
"Con una buona dose di entusiasmo e un’altrettanta buona dose di responsabilità e consapevolezza sulla delicatezza del momento. È chiaro che il ruolo delle fiere in questa fase assume un peso strategico, forse il più alto dei tempi di pace. Pitti offre la possibilità alle aziende di riposizionarsi sui mercati, di trovare nuovi clienti come di scoprire nuovi fornitori, e molto altro. Quindi dobbiamo farle bene".
Impossibile non affrontare la vicenda dazi.
"Purtroppo sono un elemento quanto meno distorsivo di una capacità di prefigurare il futuro. Per altro non hanno neppure una loro stabilità: se uno sapesse che ci sono e che resteranno, si adeguerebbe. Invece è un’incognita. Il commercio mondiale che già era complicato per le tensioni geopolitiche, oggi assume ulteriori elementi di complessità. Per cui la difficoltà delle imprese è altissima. Sta a noi, nel nostro piccolo, che poi non è così piccolo, offrire la straordinaria opportunità di accompagnarli sui mercati, anche per la necessità di creare nuove prospettive".
Sono più disorientati gli italiani o gli stranieri?
"Non so se si può parlare di disorientamento, perché noi abbiamo a fare con imprenditori che dimostrano con la partecipazione alla fiera, la volontà di andare avanti e di credere fortemente in quello che fanno. Chi viene in fiera è qualcuno che non si è arreso".
Partecipa a Pitti Uomo anche bel nucleo di brand ucraini. È un bel segnale.
"Sì, la vita deve continuare, deve andare avanti. La nostra è una fiera che ha un’altissima partecipazione estera e questo è un grandissimo segnale, con oltre 40 Paesi rappresentati. Questo testimonia che la centralità di Pitti Uomo nel settore della moda maschile, resta ancora molto solida, nonostante tutto".
’Pitti Uomo’ è la prima fiera ad aver ottenuto il riconoscimento di ’marchio storico di interesse nazionale’. Che valore ha questo blasone?
"È un riconoscimento estremamente bello per noi. Una delle funzioni del Centro di Firenze per la moda italiana è proprio quella di preservare e valorizzare i marchi del gruppo. È la dimostrazione fisica e ideale che l’esserci tutti i giorni con la nostra determinazione e le nostre capacità, ha consentito di accompagnare generazioni di imprese del settore. E non è uno sguardo rivolto al passato, quanto al futuro".
Come al solito le istituzioni, comprese quelle governative, sono presenti a Pitti Uomo. Cosa avete da chiedere?
"Credo che ci sia un’agenda per le istituzioni e un’altra per le imprese".
Ad esempio?
"Dallo strutturarsi in maniera più adeguata per affrontare i mercati, all’essere innovativi, a fare investimenti in ricerca. Dal lato delle istituzioni ci sono strumenti più tesi alle incentivazioni, al sostegno, alla rete. È un momento certamente complesso, che peraltro deriva da motivazioni esterne, che sono ben oltre le nostre teste. Cento motivi che si incrociano, non ultimo il modello di distribuzione delle merci e dei consumi. Insomma, una fase di transizione estremamente importante che va governata".
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