Giovedì 18 Aprile 2024

Parola d'ordine: upcycling

Un tempo si chiamava riciclo creativo ed era un fenomeno di nicchia. Ora, l'upcycling è la parola d'ordine per chiunque voglia schierarsi dalla parte della sostenibilità.

Emma Stone in Cruella

Emma Stone in Cruella

Strategia economica e filosofia di base di molte case di produzione, ma anche di tutti gli appassionati del fai da te, il termine upcycling è stato scelto come parola dell'anno del Dizionario Cambridge nel 2019 ma nasce ufficialmente nel 2002. Nella lingua italiana non esiste una corrispondenza esatta, ma il concetto è chiaro: dare nuova vita ad un oggetto, accrescendone il valore. Upcycled o recycled? Spesso utilizzati come sinonimi sono due processi ben diversi. A venirci incontro nel capire la differenza è la lingua inglese up-cycling vs re-cycling. Non parliamo quindi di riutilizzare i componenti di un oggetto per creare qualcosa di nuovo attraverso un processo di conversione, ma di prendere un prodotto, spesso considerato di scarto, e dargli nuova vita senza che le materie prime subiscano una lavorazione. In poche parole, il riciclo implica nuove fasi di lavorazione per trasformare il prodotto di scarto o riportarlo al suo stadio originario, il riciclo creativo prende quell'oggetto e lo trasforma in qualcosa di unico. Una differenza sostanziale se si pensa in termini di costi di produzione e quantità di rifiuti generati e quindi in fatto di impatto ambientale.

Must have o must had?

Dopo anni in cui i capi nuovi durano il tempo di una stagione, la fast fashion inizia a farsi da parte, scansata dall'interesse per i prodotti più duraturi, originali e sostenibile. Dalle grandi marche, ai brand di nicchia fino al mainstream, il concetto di upcyclin si fa largo e a farla da padrona è la creatività. Un chiaro esempio è la start up Culo Camicia nata dall'idea di quattro ragazzi residenti tra Bassano e Padova che delle camicie non buttano niente. Nomen omen, il neonato brand produce boxer e shorts per tutti i gusti e senza genere utilizzando vecchie camicie. Tante le fantasie tra cui scegliere ma se proprio vi siete affezionati a quella vecchia camicia che non si può più rattoppare, è ora possibile indossarla in modo alternativo (www.culocamicia.com). Altro progetto interessante è quello di Gouvarde. La startup, che collega Istanbul, Berlino e Los Angels, utilizza abiti dismessi e scarti di tessuto per realizzare capi originali e genderless. Sono solo due esempi di una lunga lista di possibilità per indossare indumenti e materiali che hanno avuto una vita precedente. Per facilitare la scelta e dare visibilità a questo tipo di prodotti e progetti, sono online diverse piattaforme e marketplace dove acquistare comodamente con pochi clic. Tra queste le italiane must had e appcycled

Non solo start up

Anche i grandi marchi sono stati travolti dal fascino dell'upcycling. Tra le ultime iniziative presentate c'è quella di Umbro. Il celebre brand sportivo inglese ha lanciato la sua ultima campagna Make New”, con la quale ha chiamato a raccolta quattro creatori con il compito di trasformare palloni, maglie, scarpe e scarpini e tutto ciò che finirebbe in discarica, calzini inclusi, in nuovi capi in grado di raccontare la storia e il patrimonio del brand. Anche Gucci punta alla circolarità con Gucci Continuum, la collezione di Vault creata come punto di incontro tra il brand e la visione creativa di dieci partner, selezionati per dare nuova vita ai pezzi d'archivio della Maison. Nato qualche anno fa come concept store digitale, Vault è ora un laboratorio creativo che allunga la vita ai tessuti in giacenza e ai capi delle stagioni passate. Il risultato? Creatività, prodotti originali e di tendenza e, soprattutto, meno scarti.