Sabato 15 Febbraio 2025
Redazione
Moda

La storia dell'iconico “abitino nero" in mostra al National Museum of Scotland

Coco Chanel lo rese glamour nel 1926, da allora il “little black dress” è diventato un caposaldo (a volte una vera salvezza!) di ogni armadio, anche per “star” del calibro di Audrey Hepburn e della Principessa Diana

Il leggendario vestitino nero di Audrey Hepburn nel film "Colazione da Tiffany"

«Non si è mai troppo vestiti o poco vestiti quando si indossa un bel vestito nero» parola di Karl Lagerfeld, nonché primo (o forse secondo) comandamento della moda.La mostra “Beyond the Little Black Dress”, visitabile fino al 29 ottobre presso il National Museum of Scotland a Edimburgo (in Chambers Street) ripercorre la storia del vestitino nero attraverso 60 modelli che ne testimoniano l’evoluzione nel corso dell’ultimo secolo, dagli iconici modelli di Chanel, Dior e Jean Muir, fino alle creazioni più recenti e contemporanee di Gareth Pugh, Simone Rocha, Comme des Garçons, Joe Casely-Hayford e Maximilian.

La “rivoluzione” di Coco Chanel

La moda si accompagna sempre al gusto di un’epoca, intercettandone anche la voglia di cambiamento. «Non volevamo mostrare solo abitini neri - ha voluto sottolineare la curatrice dell’esibizione Georgina Ripley - fin dall'inizio molti di questi vestiti hanno attraversato i confini, come la mascolinità e la femminilità. Altri hanno saputo muoversi in equilibrio su una linea sottile tra rispetto e ribellione. Volevamo sfidare lo spettatore». E la sfida comincia proprio con la leggendaria Coco Chanel. Siamo nel 1926, fino a quel momento l’abito nero era indossato soprattutto dalle donne della servitù, una sorta di uniforme per la categoria domestica. L’abito da giorno in crêpe di seta a maniche lunghe realizzato dalla stilista, uno dei pezzi più prestigiosi della collezione, cambiò le carte in tavola. Vogue lo definì «l'abito che tutto il mondo indosserà». Una previsione che la storia confermerà, anche oltre le aspettative.

L’abitino nero si fa “reale”

La genialità di Coco Chanel sta nell’aver preso spunto dalla “classe lavoratrice”, incanalando quel “vento di cambiamento” che avvolgeva la moda femminile negli anni Venti. Nasce “la pauvreté de luxe”, attraverso l’uso di costosi tessuti di seta, Coco Chanel trasformò capi economici della classe operaia in un simbolo di haute couture. Una rivoluzione che non passò certo inosservata. Anzi. L’abitino nero fa capolino anche tra le fila dei reali (o quasi reali…). In esposizione troviamo un abito di Christian Dior abbottonato commissionato nel 1949 da Wallis Simpson (duchessa di Windsor, moglie di Edoardo VIII che proprio per lei abdicò) e un abito da sera fit & flare disegnato da Norman Hartnell per la principessa Margaret negli anni '50. Prima riservato al lutto, il nero entra a corte, giocando con l'idea dei "reali ribelli".

Non solo “bon-ton” ma anche terribilmente sexy

Durante gli anni Ottanta, Parigi accolse una nuova ondata di designer giapponesi, tra cui Issey Miyake e Yohji Yamamoto, che usarono il nero per giocare con l'idea di luce e oscurità attraverso pieghe radicali, sfilacciature e sgualciture. Con gli anni Novanta c’è una svolta decisamente sensuale che Georgina Ripley ha voluto sottolineare, puntando a stupire i visitatori, invece che “andare sul sicuro”. Ecco perché al posto del leggendario “revenge dress” di Diana, troviamo creazioni decisamente più audaci. Un abito ispirato al bondage della collezione Miss S&M di Gianni Versace del 1992, creato al culmine dell'epidemia di Aids, è accostato all'abito in lattice Hellbound di Christopher Kane. In esposizione anche un abito McQueen trasparente indossato dall’attrice Jodie Comer nella serie “Killing Eve” e un abito fluttuante di Christian Siriano indossato dalla star di “Queer Eye” Jonathan Van Ness.

Gli abitini neri più iconici della storia

Iniziamo con lei, il simbolo della grazia e dell’eleganza femminile: Audrey Hepburn. Siamo nel 1961 e l’attrice è semplicemente splendida in “Colazione da Tiffany”, in cui indossa ben tre modelli creati da Givenchy. Nel 1987 Tina Turner sceglie un vestito nero in pelle molto sensuale (e davvero mini) per mettersi alle spalle il divorzio con Ike Turner. «Volevo cambiare, andare avanti, le mie gonne sono diventate più corte, gli abiti più “liberi”, la libertà è importante per me, nella vita e sul palco» dichiarò la regina del rock. Il 1994 vede Lady Diana arrivare a una cena di gala alla Serpentine Gallery con un mini abito nero sopra il ginocchio e scollato (firmato dalla stilista greca Christina Stambolian), che lasciava le spalle scoperte, ormai noto come il “revenge dress”, l’abito della vendetta. Motivo? La Principessa si presentò così sorridente, sicura di sé, avvolta da charme e glamour proprio nel giorno in cui Carlo ammise la sua relazione con Camilla Parker Bowles in diretta tv nazionale. Il 1994 è anche l’anno in cui un’allora semisconosciuta Elizabeth Hurley conquistò la scena accompagnando Hugh Grant alla premiere di “Quattro matrimoni e un funerale”. Il suo vestito nero attillato di Versace con spacco vertiginoso laterale e tenuto insieme (sul corpetto) da spille da balia dorate, ha dato il là a una vera frenesia mediatica (e all’epoca non c’erano nemmeno i social). Arriviamo, infine, al 1997 con Victoria Adams (ora Beckham) che ai tempi delle Spice Girls fece del vestitino nero (orlo cortissimo e spalline sottili) una sorta di manifesto.