
Se c'è un ostacolo nel processo della piena emancipazione delle donne, probabilmente risiede in quella sorta di competizione, che ha tutti i tratti dell'invidia. La peggiore nemica di una donna, si dice, sia l'altra e non l'altro. Ci sembra, quindi, particolarmente interessante accendere i riflettori su una mostra, in programma a New York - dunque non proprio dietro casa - che è una finestra che si apre non soltanto sulle stiliste che hanno cambiato con il proprio lavoro la moda, partecipando o aprendo la strada all'evoluzione del ruolo sociale delle donne, ma anche su un nuovo modo di intendere il rapporto – e la papabile collaborazione – delle donne fra di loro. “Women Dressing Women” è il titolo della mostra che aprirà il 7 dicembre nella sezione del Costume Institute al Met (Metropolitan Musem of Art) di New York. Con ottanta creazioni di settanta stiliste, la mostra esplorerà il rapporto fra donne, creatività e imprenditoria nel XX e XXI secolo, inclusa l'alta moda francese di case come Jeanne Lanvin, Elsa Schiaparelli e Madeleine Vionnet, fino a produttori americani come Ann Lowe, Claire McCardell e Isabel Toledo, insieme ai design contemporanei di Iris van Herpen, Rei Kawakubo, Anifa Mvuemba e Simone Rocha.
Donne che con il loro lavoro hanno influenzato e tuttora influenzano lo scorrere della Storia
Il titolo della mostra già promette di raccontare uno sguardo inedito sulle rivoluzioni della moda, concentrandosi su un aspetto spesso trascurato o non tenuto abbastanza in considerazione ovvero, quello del lavoro delle donne che, attraverso l'intuito e l'osservazione dei tempi e della società, percepivano i cambiamenti che si muovevano sulla strada e che con il loro lavoro hanno influenzato e tuttora influenzano lo scorrere della Storia. La mostra di questo autunno 2023 del Costume Institute esplorerà la creatività e l'eredità artistica delle stiliste della collezione permanente del Met, tracciando un lignaggio di creatori dall'inizio del XX secolo ai giorni nostri raccontando il lavoro dei designer celebri, ma anche delle sarte e delle couturière meno celebrate o meno note. Saranno circa ottanta i capi, accessori e oggetti che tracceranno la storia di oltre settanta creatrici, fra lavori indipendenti e case di moda guidate dalle donne più influenti del Novecento fino ai giorni nostri. L'esposizione darà conto di un percorso dell’industria della moda fondamentale per la definizione e l’autonomia dell’identità femminile, mostrando come il ruolo delle donne nella moda sia passato dal mestiere sartoriale a una rivoluzione vera e propria. Si pensi, per esempio, alle controculture nella moda di Vivienne Westwood, che con i suoi capi ha lanciato messaggi politici, o a quelle stiliste che hanno rotto i codici stilistici e messo in discussione gli stereotipi del gusto, come Miuccia Prada, o alla celeberrima Coco Chanel, rivoluzionaria nella sua epoca quanto oggi nell’aver costruito un nuovo vocabolario della moda liberando il corpo femminile dalle costrizioni. Ma la mostra guarda anche a nomi meno celebri, come quello di Ann Lowe, sarta afroamericana nata in Alabama, nipote di una schiava e di un proprietario terriero, che disegnato l’abito da sposa off-the-shoulder di Jacqueline Bouvier con John F. Kennedy: tutti ricordano l’abito e chi lo ha indossato, a discapito della creatrice!
I quattro temi della mostra
Quattro i centri tematici attorno ai quali si dipanerà il racconto del Met: anonimato, visibilità, rappresentanza e assenza/omissione. L’anonimato sarà la sezione dedicata al lavoro delle sarte nei propri laboratori, destinate poi a evolversi in couturière, designer e direttrici artistiche. La visibilità è, invece, il titolo della sezione che guarderà al lavoro dell’industria dell’haute couture nel XX secolo e alla moda quale mezzo di autonomia creativa per le donne. La rappresentanza, invece, espande i limiti geografici della moda per come tradizionalmente la si è considerata e percepita, mostrando come siano fioriti nel corso degli anni delle realtà indipendenti, alle subculture che hanno agevolato mutamenti politici, sociali, sessuali legati all’identità e alla scelta individuali. Assenza/omissione, infine, si focalizza sul lavoro di donne che solo in tempi recenti hanno ricevuto crediti e riconoscimenti per il loro lavoro. La mostra, insomma, promette di offrire un punto di vista inedito e preciso e intergenerazionale sulla femminilità e sulla nuova femminilità, ma anche sull'identità e la fluidità di genere. Un catalogo, pubblicato dal museo e distribuito da Yale University Press, accompagnerà la mostra, resa possibile dal contributo di Morgan Stanley.