Von der Leyen, un fermo immagine che parla di noi

Giovanni

Morandi

Ci sono gesti e situazioni semplici che hanno la forza di spiegare cose complesse. Merita forse tornare su quel discusso incontro tra il presidente turco e la delegazione europea per rilevare quali e quanti significati possa avere un fermo immagine, per quel che è capace di esprimere. Vedere quella signora lasciata sola davanti a quei due uomini che se ne stanno seduti in poltrona è stata interpretato come uno studiato schiaffo all’Europa o un incidente o un’ inaccettabile mancanza di rispetto o un’offesa sofferta con rabbia in quanto europei. Come fosse stato uno sgarbo vissuto come individui prim’ancora che come comunità. Mi permetto di aggiungere un altro significato a quelli elencati.

Quel fermo immagine ha rappresentato la mortificazione che suscita l’essere esclusi in tutte le possibili forme, razziali, di genere, economiche, religiose, culturali e di qualunque altro tipo. Potremmo ricordare Enzo Jannacci e la sua non banale canzoncina. "Vengo anch’io. No tu no. Ma perché? Perché no". La scena della signora von der Leyen in piedi, ignorata ma non trasparente, ci fa ben capire cosa accada nell’animo di una persona a cui si dica di no, per il solo fatto di volerla escludere. Qualunque sia il motivo. E quel che è peggio è che non viene fatto nulla per porvi rimedio, per correggere quella negazione brutalmente esplicita.

A ben pensarci, può essere capitato a tutti aver fatto la parte se non di chi ha umiliato escludendo, di chi ha avallato non intervenendo e tacendo. Quel fermo immagine dei due in poltrona davanti alla signora in piedi ci ha dato una lezione preziosa che vale per tante altre situazioni.

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