"Volpi, gufi e lupetti Feriti o ammalati ora li curiamo noi"

di Caterina Ceccuti

Lui avvocato, lei imprenditrice. Giuseppe Frate ed Emanuela Mussida, 52 e 53 anni, erano due cittadini milanesi di successo, prima di decidere di mollare tutto e trasferirsi in un paradisiaco quanto remoto posto della Toscana, dove cinque anni fa hanno fondato la tenuta ecosostenibile Codirosso, che è anche un Centro per la fauna selvatica e per gli animali da fattoria.

"Accogliamo volpi e caprioli feriti, rapaci caduti, cinghiali rimasti orfani a causa dei cacciatori, ma anche animali destinati al macello – racconta Emanuela –. Quelli che riescono a guarire li liberiamo in natura, all’interno dei cento ettari di collina boschiva di nostra proprietà. Ma quelli che purtroppo rimangono invalidi li teniamo con noi alla tenuta". Per gli ospiti di Codirosso non è strano passeggiare accanto a una faina o fare colazione insieme a pappagalli e ghiandaie. Mentre stiamo parlando, per esempio, passa la pecora Circe. "È arrivata da noi nel 2019, quando come ogni anno mi sono recata al macello per salvare almeno un agnellino dal suo triste destino. Spesso e volentieri i macellai restano così stupiti che neanche mi chiedono soldi in cambio". A occuparsi continuamente degli animali, dalla cura quotidiana alle attività di primo soccorso e degenza è Emanuela in persona, mentre il suo compagno Giuseppe si occupa della cucina della tenuta.

Emanuela, perché avete fatto una scelta simile?

"Quando è nata nostra figlia abbiamo sentito il bisogno di offrirle una vita diversa, più semplice e a

contatto con la natura. Anni fa, in Florida, conobbi una signora originaria di Cecina. Le parlai della mia passione per gli animali e lei mi informò della vendita di questa proprietà a Castelnuovo Val di Cecina. Io e Giuseppe ce ne innamorammo a prima vista. Decidemmo che saremmo vissuti qui, recuperando con le nostre mani il vecchio casale immerso nel bosco. La magia di questi luoghi, inseriti nel Parco delle Colline Metallifere – patrimonio dell’Unesco –, è una cosa che si percepisce facilmente anche solo passandoci per caso".

Come recuperate gli animali feriti?

"Non solo feriti, nella tenuta ospitiamo animali che hanno subito maltrattamenti, sequestri e cessioni. Spesso a portarceli sono i privati, la guardia forestale, i vigili o i cacciatori".

I cacciatori?

"Esatto. Negli anni abbiamo imparato a non pestarci i piedi a vicenda. Qualche volta capita che un cacciatore spari alla madre di un ungulato, accorgendosi solo dopo dei cuccioli rimasti orfani. Allora ce li porta e noi li accogliamo".

Qualche storia di salvataggio a voi cara?

"Ce ne sarebbero tante. Per esempio quella della volpe Jedi, completamente paraplegica. Le avevo

costruito un pattino per potersi muovere, le facevo fare fisioterapia tutti i giorni. Ma la sua malattia

aveva preso anche la deglutizione, perciò la alimentavo con potassio e glucosio, facendo l’impossibile per tenerla in vita. Poi un giorno lei mi ha guardato e ho capito che mi chiedeva di lasciarla andare. Ora Jedi è sepolta sotto al noce vicino casa e ogni mattina quando mi sveglio in cuor mio la saluto".

E poi?

"Ricordo anche la lupa Evita. Era stata investita e le avevano sparato. La setticemia era avanzata. Evita è rimasta da noi cinque mesi, poi è morta. Mangiava solo se il cibo era toccato da me ed ero

l’unica che tollerasse all’interno del recinto in cui la tenevamo, dopo l’operazione ortopedica che aveva subito. La maggior parte della gente non capisce che i selvatici non devono essere considerati animali domestici, non bisogna cercare l’approccio. A me interessa solo aiutarli a sopravvivere e a

tornare in natura, ben sapendo che anche un breve contatto con l’uomo è già un danno per loro".