Martedì 23 Aprile 2024

Vivo solo per amarti. Firmato, tua Regina

Un carteggio rivela la passione che legava Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, al suo intendente che tentò invano di salvarla.

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di Riccardo Jannello

"Vivo solo per amarti". Scritto da una regina destinata al patibolo – ci finirà poco più di un anno dopo – si può dire sia un testamento spirituale.

Che poi quella frase così decisiva venga indirizzata all’amante e non al re non sconvolge più di tanto conoscendo quella che è stata la storia del matrimonio, in realtà un sodalizio fra monarchie neppure troppo riuscito, di Maria Antonietta di Asburgo-Lorena e Luigi Capeto, sul trono di Francia come Luigi XVI, ultimo sovrano assoluto. Invece al conte svedese Hans Axel von Fersen, diplomatico e militare di vaglia, l’Austriaca – come la chiamava sfottendola parte della nobiltà parigina – aveva proprio donato il cuore.

Si conobbero quando entrambi erano diciottenni, nel 1773, e nel tempo il loro affetto crebbe, fino a quando, dal 1785, quel rapporto platonico che era istituzionale, essendo lui intendente della regina, e gli permetteva di entrare in palazzi negati ad altri, divenne anche sessuale e i due furono amanti di una follia che lasciò un segno indelebile.

Un’intimità che Alex avrebbe voluto fosse suggellata da quelle nozze impossibili che gli sono tanto mancate. Senza nominare mai Maria Antonietta, scrisse alla sorella, che gli chiedeva perché non si maritasse, che "non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero; perciò non voglio appartenere a nessuna". E pensare che stando ai gossip del tempo ci sarebbero state tante nobili in Francia e altrove che avrebbero volentieri convolato a nozze con Fersen, ritagliandosi per consolazione il ruolo di amanti saltuarie.

L’unica che avrebbe voluto come sposa, la sovrana, non poteva esserlo e i due se lo scrissero in un epistolario finalmente decodificato e che chiarisce quanto si amassero.

I raggi X di uno speciale scanner hanno decifrato i passi resi illeggibili in otto delle quindici lettere che i due si sono scambiati fra il giugno 1791 e l’agosto 1792 dopo la tentata fuga dei reali fermata dalla Guardia nazionale a Varennes, fuga organizzata proprio da Fersen, ma che finì con Luigi XVI e l’Austriaca riportati a Parigi senza potersi ricongiungere con i monarchici arroccati a Montmédy. Il conte stesso aveva barrato diverse frasi, quelle più scabrose, usando un inchiostro diverso da quello con cui le lettere stesse erano state scritte.

La nuova tecnica - il programma Rex II condotto congiuntamente in due laboratori - ha permesso di separare gli inchiostri e liberare gli scritti.

Sono lettere importanti che vengono studiate da oltre cento anni. Furono rese note nel 1877 dal nipote del conte Fersen, ma quelle sovrapposizioni avevano impedito di comprenderne il significato completo. Lettere che avevano un fondamento politico e descrivevano la preoccupazione per la situazione di terrore che la Francia viveva, ma scritte in modo che potessero passare i controlli dei rivoluzionari che tenevano agli arresti domiciliari il re e la consorte, poi deposti il 10 agosto 1792 con l’assalto alle Tuileries, tre giorni prima dell’arresto di Luigi XVI; un mese più tardi venne proclamata la Repubblica. Il “cittadino Capeto“ fu giustiziato il 21 gennaio 1793 e Maria Antonietta divenne semplicemente la “vedova“.

Fersen nelle lettere ha slanci di grande amore per la regina: "Ti amo follemente. Vederti, amarti, consolarti è tutto ciò che voglio". Le parole di risposta affidate alla carta da Maria Antonietta non erano meno innamorate e quel "Vivo solo per amarti" sconvolse a tal punto lo svedese che alla decapitazione della donna, il 16 ottobre 1793, abbandonò per un certo periodo la vita pubblica. Maria Antonietta si diceva avesse avuto altri amanti, maschi e femmine.

Ma quello con Fersen fu amore vero, l’unico evento soddisfacente dei suoi 38 anni vissuti da occupante straniera a Parigi.

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