Perché non si mangia carne la vigilia di Natale? Tra bufale e tradizioni

Un precetto religioso ormai superato, ma che resiste ancora nell'immaginario comune. Ecco cosa dice davvero la norma

Niente carne alla Vigilia di Natale?

Niente carne alla Vigilia di Natale?

Tra le molteplici tradizioni gastronomiche che caratterizzano la Vigilia di Natale, ce n'è una che mette d'accordo i menù di moltissime famiglie italiane da Nord a Sud: la rinuncia ai piatti a base di carne in favore delle pietanze che includono pesce o formaggio. A indicare il 24 dicembre tra i cosiddetti "giorni di magro" è in realtà un un precetto della religione cattolica ormai superato da tempo. Ragione per cui fare a meno della carne durante la Vigilia si configura oggi come una scelta culinaria del tutto lecita, ma che non trova riscontro nelle indicazioni fornite dalla Chiesa.

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Origini storiche del precetto

Per i cristiani rinunciare al cibo è una pratica che storicamente rientra nella più ampia gamma di comportamenti virtuosi da seguire allo scopo di ottenere il perdono per i propri peccati. A ispirare le due forme di penitenza note come digiuno e astinenza dalle carni è in particolare un passaggio contenuto nel vangelo di Matteo (4,3-6), che recita "Non di solo pane vivrà l'uomo". L'astinenza prevede il divieto di mangiare carne per tutto il giorno: si tratta di un precetto molto circoscritto, che ammette al contrario il consumo di uova, latticini e pesce (da qui l'espressione "andare di magro"). Il digiuno riguarda invece l'obbligo più generico di fare un solo pasto nel corso della giornata (come avviene in occasione del Mercoledì delle Ceneri), ma con l'eventuale opportunità di assumere piccole quantità di cibo al mattino e alla sera. Secondo gli studiosi della materia, nel Medioevo il calendario cattolico contava all'incirca 150 giorni tra magro e digiuno.

Astinenza dalle carni: come è cambiata la norma

Il codice di diritto canonico del 1917 (conosciuto come "Pio-Benedettino") prescriveva che l'astinenza venisse osservata tutti i venerdì dell'anno e in concomitanza con il digiuno anche nelle vigilie delle feste di Pentecoste, dell'Assunzione di Maria Vergine, di Ognissanti e appunto di Natale. La regola doveva essere rispettata a partire dai sette anni di età e copriva un arco di tempo di 24 ore, da mezzanotte a mezzanotte. Ne 1966 la costituzione apostolica "Paenitemini", firmata da papa Paolo VI, portò una serie di novità, ammorbidendo diverse restrizioni. Il precetto del digiuno (per i fedeli dai 18 ai 60 anni) fu limitato al Mercoledì delle Ceneri e al Venerdì Santo, mentre l'astinenza dalle carni (dai 14 anni compiuti) rimase legata al solo venerdì, fatta eccezione per le feste di precetto che cadono proprio in questo giorno. Oltre ad assolvere dagli obblighi citati le persone con problemi di salute, il documento si spinse poi ancora più in là, concedendo alle singole conferenze episcopali la facoltà di decidere se abolire del tutto l'astinenza. La Conferenza Episcopale Italiana recepì molto presto l'invito, lasciando liberi i fedeli di sostituire il vincolo di andare di magro con altri tipi di penitenze, come la preghiera e l'elemosina, a esclusione dei venerdì di Quaresima.

 

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