Vecchioni duetta con Guccini nel nuovo album 'L'infinito'

Il prof: lezioni di ottimismo. Come in 'Ti insegnerò a volare' dedicata ad Alex Zanardi

Roberto Vecchioni e Francesco Guccini (Ansa)

Roberto Vecchioni e Francesco Guccini (Ansa)

Milano, 7 novembre 2018 - A dispetto del titolo leopardiano, 'L’infinito' di Roberto Vecchioni è un album profondamente ottimista, un disco «di resistenza», impreziosito dal ritorno alla canzone di Francesco Guccini. Il pezzo che riunisce due padri nobili della canzone d’autore è dedicato alla voglia di vivere e di battere il destino messa in valigia da un altro ottimista impenitente quale Alex Zanardi; s’intitola 'Ti insegnerò a volare' (Alex) e il Professore per registrarlo è salito in montagna armato di fiducia e di microfono insediandosi armi e bagagli per un pomeriggio intero nella cucina del Maestrone.    «È stata una fatica immensa tirar fuori quell’orso della tana dopo sette anni che non cantava» ha ammesso Vecchioni parlando di Guccini, conosciuto nel ’74 a Sanremo, grazie al patron del Tenco Amilcare Rambaldi, in una giornata di pioggia proprio come quella in cui l’ha ritrovato a Pavana. «Pioveva, entrai all’Hotel des Etrangers e lo vidi nell’atrio, immenso, seduto in poltrona. Lui mi disse: ho sentito una tua bella canzone, quella che parla dello stadio e della partita di calcio. Stava sfottendo 'Luci a San Siro', così replicai: anch’io ho sentito quella tua del trenino che va a spaccarsi e non è male». Parlava, ovviamente, della 'Locomotiva'.

In 'L’infinito' Vecchioni aveva bisogno di Guccini. Voleva Guccini. «Perché lui è un cantore, non un cantautore. Ci siamo conosciuti quel giorno di pioggia e non ci siamo più lasciati. Così davanti a queste nuove canzoni mi sono detto: adesso vado da quell’orso che se ne sta chiuso a fare un ca**o tutto il giorno, mezzo addormentato e rincoglionito, perché in questa cosa ci deve essere pure lui. Sono andato a casa sua e gli ho fatto sentire il disco. Lui, tipo Nero Wolfe allargato sulla poltrona, ha sentito un’ora di musica senza fiatare. Intanto io tremavo. Alla fine si è alzato, mi è venuto incontro e mi ha abbracciato».  Il Professore giura che 'Ti insegnerò a volare' è la sconfessione assoluta di Samarcanda. «Dice: destino, ti batto quando voglio. Chi se ne fotte se non posso più correre o camminare: imparerò a volare». Tutto lo spirito di Zanardi nell’attimo in cui, col viso rigato di gioia, taglia vittorioso il traguardi dei Giochi di Londra o di Rio.    L’album (12 inediti, e in uno canta anche Morgan) si chiude con Parola, un’elegia sulla scomparsa del linguaggio col dolore del bandolero tradito dai tempi. «Dieci anni fa i ragazzi usavano 5mila vocaboli oggi solo 600, la nostra lingua sta morendo». Un quadro in cui la canzone d’autore, la sua canzone d’autore, prova ancora a recitare una parte. «Parlo dell’uomo di sempre, non di quello che succede adesso. Proietto un piccolo momento nella vita di secoli e secoli della persona umana. Non mi interessano la politichetta e le ovvietà», ma un cenno più concreto al contesto attuale, durante la presentazione dell’album, spunta quando parla di «quella gente che si chiude in casa con la pistola e non fa arrivare gli immigrati».   Un album di resistenza culturale, ma pure analogica. «Questo è un disco che si compra nei negozi, non va nell’aria» dice infine Vecchioni rivendicando con orgoglio la sua scelta d’indipendenza dal mercato tradizionale del disco fatta con la complicità del produttore Danilo Mancuso. «Non possiamo continuare a spezzettare le vite delle persone; una canzone alla volta. C’è un filo rosso che lega queste dodici canzoni. Anzi, è una sola, lunghissima canzone divisa in dodici momenti».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro