Vasco Rossi torna in tour nel 2018: "Con il rock comanderei questa Italia"

"Basta politica, più speranze ai ragazzi. Sanremo? Lo dirigerei meglio di Baglioni"

Vasco Rossi (Ansa)

Vasco Rossi (Ansa)

Rimini, 21 maggio 2018 - Le canzoni commuovono, confortano, consolano. Se poi le condividi con altre 10-50mila persone ti danno una bella carica per affrontare la vita. Che spesso non è, però, come la raccontano quattro accordi di chitarra. Vasco Rossi ha concluso sabato scorso al Rockisland di Rimini le prove musicali del nuovo tour: anteprima sabato 26 allo Stadio Teghil di Lignano, debutto il 1° giugno a Torino, poi Padova, Roma, Bari e Messina. Nuovo tour, dunque, ma con una punta d’inquietudine. "Non ho neppure cancellato il suo numero dalla rubrica del telefono" ammette Vasco a proposito Guido Elmi, grande assente di queste prove, scomparso la scorsa estate un mese dopo il tripudio del Modena Park. "Le persone non muoiono mai del tutto; Guido mi manca e mi mancherà, ma la parte di lui che mi porto dentro rimarrà sempre lì. E questo nuovo spettacolo ne è la prova. A cominciare dalla prima canzone, 'Cosa succede in città'; il pezzo che non t’aspetti, emblematico, graffiante. Un tipico attacco alla Elmi".

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Ora a tirare i fili delle canzoni assieme a lei c’è il chitarrista Vince Pastano.

"Altra eredità di Guido. In fatto di chitarristi io ero rimasto a Maurizio Solieri, il più grande degli anni Ottanta, ma troppo legato a quel periodo lì. Così quando mi sono messo in cerca di un giovane carico d’entusiasmo, Stef Burns m’ha portato Vince ed Elmi l’ha impostato. Ora è pronto a svolgere il suo doppio ruolo di musicista e direttore d’orchestra. Perdiamo dopo dopo 22 anni i cori di Clara Moroni (la “Ferrari del rock” che aprirà, però, i concerti con le canzoni del suo nuovo album “Unica”, ndr) e dopo 33 i fiati di Andrea “Cucchia” Innesto ma conquistiamo percussioni, ”synth” e voce di Beatrice Antolini, polistrumentista maceratese trentacinquenne. Una nerd, non una ragazza pon pon. Una che non scherza per niente".

Dopo i 225 mila di Modena è difficile ripartire?

"Quella della scorsa estate è stata una seduta psicanalitica che mi ha riappacificato con me stesso e con la mia storia, e anche o uno spartiacque: c’è un prima e c’è un dopo Modena. A rifare qualcosa del genere, non ci penso proprio. Per i cinquant’anni, se sarò ancora in pista, magari… ci rivedremo a Modena".

E stavolta?

"Riparto non dai Live Kom ma dal Vasco Non stop Live, come il Neverending tour di Dylan, con le dovute differenze ovviamente e senza puntare al Nobel. All’inizio volevo andarmene in giro per portare a tutti un po’ del Modena Park, poi quando ho cominciato a lavorare sulla scaletta, mi sono detto: no, voglio un nuovo concerto che parta dai temi di 'Cosa succede in città', pezzo che trovo aderentissimo ai tempi".

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Che vede da ottimista o pessimista?

"Così così. L’importante è spronare i ragazzi, fargli capire che ce le faranno tutti. Poi, della politica, chi se ne frega".

I suoi concerti sembrano una delle poche certezze di questo Paese.

"Il rockollante d’Italia. Dovessi comandare io, altro che dittatore artistico…".

In questo tour l’assenza di città come Milano, Firenze o Bologna lascia intendere una coda 2019?

"Sì questo è un tour in due parti. L’anno prossimo ci sarà sicuramente San Siro. Prima, però, (anzi, forse già in autunno, ndr) arriverà una nuova canzone. Femminile e filosofica".

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Ora c’è la “trap”...

"La sento alla radio, ma io appartengo a un’altra epoca. Probabilmente hanno anche ragione a dire che i rapper sono i nuovi cantautori, hanno dei testi molto lunghi, anche troppo. Faccio un po’ fatica a seguirli. I testi sono provocatori, pesanti, alcuni molto belli. Caparezza, ad esempio, è un genio epocale. Oggi si canta meglio di una volta. Ho guardato Sanremo e sono rimasto allibito, quasi tutti molto bravi. Il talento però non basta, serve la canzone, che arrivi al cuore della gente".

Cosa le è piaciuto?

"Fabrizio Moro. Scrive bene e il testo era bello. Anche Ultimo, secondo me, è un genio. Ma il difficile comincia ora e dovrà trovare le motivazioni giuste per continuare".

Lei lo farebbe il boss del Festival?

"Certo, però vorrei interpretare tutte le canzoni. E senza duetti, che piacciono alla gente, ma artisticamente non valgono un granché. Baglioni ha è garbato, educato, una bella persona. Pensavo, però, che si limitasse a fare il direttore artistico e invece ha fatto pure il presentatore, l’ospite, l’uomo dei duetti. Quando ho visto la Nannini cantare con lui 'Amore bello' mi sono detto: ma stiamo scherzando? Si parla tanto di conflitto d’interessi e ce lo ritroviamo pure sul palco dell’Ariston? Siamo proprio in un paese in cui, come dico in 'Cosa succede in città', non c’è più religione".

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