Valzer, operette e alla fine canti di preghiera L’orchestrina sul Titanic continuò a suonare

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Nella notte del 14 aprile 1912 il nuovissimo, magnifico piroscafo Titanic scivolava sull’Atlantico puntando verso New York. Stellato era il cielo, placida l’acqua, sereni i passeggeri, divisi in tre classi. Alle 23.40 il disastro: la nave incappa in un enorme iceberg. In un paio d’ore si inabissa, provocando oltre 1500 morti. Mentre s’inclinava, l’orchestrina di bordo – tre violini, due violoncelli, un contrabbasso, un pianoforte – riprese a suonare; per iniziativa dei musicisti, o perché così le fu ordinato: non si sa. A modo suo, anch’essa tentò di arginare il panico. Continuò fino a qualche istante prima della fine. Valzer, marce, operette, ragtime risuonarono fra singulti, pianti, lamenti. Quando la morte diventò tangibile, si levarono anche canti di preghiera e raccoglimento. Poi tutto tacque. Ce lo raccontano Claudio Bossi, scrittore, e Daniela Rota, musicologa.

Giuseppina La Face

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