Giovedì 18 Aprile 2024

Valeri, Francamente è solo un secolo. "Non ho mai avuto tempo per la tristezza"

Attrice, scrittrice, regista, soprattutto primadonna dell’ironia. Dal teatro con i Gobbi al cinema con Sordi, alla tv e all’opera. "Il giorno più bello: il 25 aprile del ’45, la Liberazione"

Migration

Ha cominciato a recitare da adolescente, ha vissuto da ebrea la tragedia della guerra ricorrendo a rocamboleschi sotterfugi, ha attraversato le stagioni ruggenti dello spettacolo italiano inventando maschere popolari come la Signorina Snob e la Sora Cecioni. Ha conosciuto i maestri (Visconti, Strehler, De Sica...), ha avuto tre grandi amori (Vittorio Caprioli, Maurizio Rinaldi, il teatro), ha inventato sul palco, al cinema, in tv un marchio di fabbrica fatto di grinta, ironia e generosità. Venerdì 31 luglio Franca Valeri compie cent’anni.

"Un’età – dice lei sorridendo – che mi è arrivata improvvisamente e che non avevo programmato, anche se forse mi ci ero preparata inconsciamente". Un compleanno celebrato dall’uscita di un libro (Tragedie da ridere, edito da “La tartaruga”, che raccoglie tutti i suoi testi per la scena) e da uno spettacolo (il suo testo La vedova Socrate interpretato per l’occasione da Lella Costa) che, dopo il debutto al festival di Siracusa, sarà proprio la sera del 31 nel chiostro del Piccolo di Milano. E cioè nella città natale di Franca. L’indomita Signora del Sorriso arriva alla soglia del secolo lucida e pungente come sempre: parla un po’ a fatica ma ad aiutarla c’è Stefania Bonfadelli (sua sarà la regia de La vedova Socrate), la cantante lirica diventata sua figlia adottiva che da tempo le sta amorevolmente accanto. Il tempo del Covid è passato senza lasciare traccia nelle giornate di Franca nella bella casa romana rallegrata dall’abbaiare festoso di Roro IV: il numero appioppato al simpatico cane, un Cavalier King Charles Sparniel, indica una serie di predecessori debitori come lui del nome all’opera verdiana Aroldo.

Signora Valeri, cosa farà di bello il 31 luglio?

"Mia madre mi ha abituato a non festeggiare i compleanni, visto che, quando ero piccola, a fine luglio eravamo in vacanza. Da bambina mi dispiaceva ma poi, crescendo, non ci ho pensato più. Che vuol che faccia? Me ne starò a casa e aspetterò l’arrivo di qualche amico".

Andando a ritroso nel tempo, qual è il ricordo più felice e quello più doloroso?

"Ho avuto una vita felice e mi reputo fortunata. Il giorno più bello è stato forse il 25 aprile 1945, sentivo che da qual momento la mia esistenza sarebbe cambiata. Si usciva dall’incubo di una guerra che sembrava non finire mai. Il più doloroso non lo voglio ricordare, non l’ho fatto finora e continuerò a non farlo. Non ho tempo per la tristezza".

Ha detto di non aver mai messo l’amore al primo posto. Al primo posto nella sua vita, dunque, c’è stata la professione?

"Non vorrei sembrasse una frase cinica ma, sa, sono cresciuta e vissuta in un’epoca diversa in cui si chiedeva a una donna di decidere fra il lavoro e la famiglia. La passione per il teatro è stata per me più forte di qualsiasi cosa, come una predestinazione. Non ho deciso di diventare attrice per caso o perché era una possibilità fra tante. Per me era l’unica possibilità e l’ho voluta fortemente. Non si riesce a fare quello che si vuole in un’esistenza se non ci si mette impegno. Sono però anche una donna e ho amato molto i miei uomini. Me li sono scelti adatti a me e a quello che volevo dalla mia vita".

Come ha iniziato a fare teatro?

"Capitò alla fine della guerra con Vittorio Caprioli, di cui allora ero solo amica. Volevamo fare compagnia e a Vittorio venne in mente di coinvolgere Sergio Tofano. Dopo un po’ di corteggiamenti lui disse sì. Il primo spettacolo fu su Bonaventura. Poi, dopo lo scioglimento dei Gobbi, il gruppo comico costituito da me, Vittorio e Alberto Bonucci poi sostituito da Luciano Salce, ho cominciato la mia carriera di donna sola".

Ha parlato bene di tanti collegi: Sordi, Mastroianni, De Sica...

"E perché non dovrei? Con Sordi avevamo un’ottima sintonia e al cinema insieme funzionavamo molto bene. Mastroianni era un amico: lui e la moglie mi accompagnarono in viaggio di nozze a Parigi. E De Sica era straordinariamente simpatico e umano. Sul set era d’aiuto a tutti".

Non è stata tenera con il femminismo. Perché?

"Non ho mai seguito certe marce perché credo che con gli uomini si debba andare d’accordo. E io ci sono andata. Oggi le donne sono più forti che ai miei tempi, ma non si può generalizzare: ci sono quelle che sanno muoversi con intelligenza e ci sono le cretine. L’indipendenza parte dal cervello. C’è gente che crede che il cinema passi attraverso le lenzuola: io dico che bisogna decidere di non soccombere e che, se serve, si deve prendere un bastone e menare colpi. In molti casi il mondo delle donne e degli uomini oggi si muove su un piano di parità".

Sta per uscire la sua opera omnia teatrale. Si sente più attrice, scrittrice, regista?

"Mi reputo un’attrice ma ho cercato di fare tutto quello che mi piaceva. E scrivere commedie mi diverte molto. Quando mi chiedono qual è l’incontro fondamentale della mia vita, rispondo con me stessa".

La comicità s’addice alla donna? Perché ha voluto che fosse Lella Costa a raccogliere in un certo senso il suo testimone?

"La donna è comica per natura, in tutte le sue sfaccettature. Quando con Stefania abbiamo parlato di mettere in scena senza di me una delle mie commedie, in questo caso La vedova Socrate, ci ho pensato molto. Non è facile lasciare la tua creatura. Volevamo scegliere un’attrice che non mi imitasse e abbiamo pensato subito a Lella perché ha l’ironia e l’intelligenza di fare il suo personaggio e non il mio".

Cosa ama di più della sua carriera? Chi predilige fra la Signorina Snob e la Sora Cecioni?

"E come si fa a scegliere fra i propri figli? Sono due figure che hanno prodotto veri e propri filoni. Dal mio personaggio sono sbocciate per discendenza una cascata di ragazze snob. La Cecioni l’ho inventata spiando una signora, Renata, che di giorno faceva le pulizie a casa mia e la sera era guardarobiera al teatro Valle. Possedeva caratteristiche popolari che ho fatto mie, reinterpretandole, e che sono poi sbordate in certe commedie e in certi film".

Ha rimpianti, nostalgie? Ripensa a vecchi errori?

"Guardi, non mi va di parlare di queste cose: si arriva a un punto della vita in cui tutto ciò non conta più. Si vedono le cose un po’ da lassù...".

La prende a volte la noia? Qual è la sua idea di futuro?

"La mia vita è molto noiosa da quando non recito più. Ci ho scritto anche un libro perché questo è davvero un secolo noioso. Sa cosa mi consola? Che i ragazzi e le ragazze mi vogliono davvero bene. Credo che tutto dipenda dalla carriera brillante e particolare che ho avuto e dallo zampino che ho messo anche nella musica. Io adoro la musica. Lirica, in particolare".

Una curiosità: perché ha mantenuto nel tempo la stessa pettinatura?

"Scusi, perché avrei dovuto cambiarla? Ci sto bene. Io poi sono fedele per natura. Ho avuto lo stesso parrucchiere e lo stesso sarto per 60 anni".

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro