"Uscire e discutere: l’odio si combatte così"

L’attrice franco-argentina da Castellitto al nuovo film sull’antisemitismo. "C’è un veleno del pensiero che circola ancora"

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di Giovanni Bogani

Quel lampo negli occhi. La vitalità, il sorriso. La dolcezza. Una sensualità delicata, leggera. È Bérénice Bejo, l’attrice franco-argentina rivelata da The Artist, il film che riproponeva il fascino del cinema muto, e lo ritrovava nella forza degli sguardi. Era il 2012, e Bérénice riceveva il César, l’Oscar francese, come migliore attrice per quel film. Sarebbe seguito il premio per la migliore interpretazione femminile al festival di Cannes, l’anno seguente, per Le passé di Ashgar Farhadi. Una carriera eccezionale, vissuta sempre con semplicità. La vita di coppia con il regista Michel Hazanavicius, i due figli avuti con lui, Lucien e Gloria, gli altri nati dal precedente matrimonio del regista. Ieri, Bérénice Bejo era ospite a Firenze del festival France Odéon, rassegna di cinema francese diretta da Francesco Ranieri Martinotti. In sala ha presentato l’anteprima italiana di L’homme de la cave di Philippe Le Guay, che uscirà a breve in Italia, distribuito da Bim. Ma l’Italia incrocia il suo destino già da tempo.

Quali sono stati, nel tempo, i suoi rapporti con l’Italia?

"Mio padre mi portava in vacanza in Italia già da piccola: ho sempre adorato questo paese. Poi ci sono tornata infinite volte con il mio compagno Michel, anche lui innamorato dell’Italia. E poi c’è il cinema: i registi italiani che ho ammirato, da sempre".

C’è il cinema italiano nella sua crescita di attrice?

"Moltissimo. Mio padre, appassionato di cinema, aveva migliaia di cassette, e mi ha fatto vedere tutti i capolavori del cinema italiano. Li ho rivisti da adulta, non più doppiati, e ho amato anche il suono della lingua".

E ci sono i registi con cui ha lavorato e sta lavorando. In questi giorni è nelle sale italiane Il materiale emotivo, il film di Sergio Castellitto al quale Bérénice regala un’intensa, appassionata interpretazione. Un film tratto da un racconto di Ettore Scola, Un drago a forma di nuvola, divenuto graphic novel, ma mai trasformato in film. È lei il turbine che sconvolge la vita del libraio antiquario, malinconico e trascurato, interpretato da Castellitto. Lei è la donna che gli fa riscoprire il sapore delle emozioni.

L’homme de la cave parla di negazionismo e antisemitismo.

"Sì: io sono Hélène, la moglie di un uomo che vende la sua cantina a un signore apparentemente così tranquillo, educato, che si rivela un negazionista antisemita. È un film che scopre il veleno del pensiero che circola ancora nelle persone".

Come ha lavorato per costruire il suo personaggio?

"Non volevo che sembrasse passiva, una semplice spettatrice della vicenda. Insieme al regista abbiamo cercato di disegnare una donna combattiva, che non vuole lasciar correre il male".

Nella sua interpretazione ci sono le sfumature dello sdegno, ma anche della paura.

"Sì: lei ha paura per sua figlia, la più esposta alla seduzione di questo veleno. Come spiegare ai ragazzi di non cadere in certe trappole?"

Ha avuto conoscenza diretta di alcuni revisionisti?

"Come no! Anche nel condomino dove abitiamo ci sono dei veri e propri fascisti: degli spagnoli nostalgici del franchismo! Se mio figlio gioca, e il suo pallone per disavventura colpisce il portone del palazzo, so che dovrò litigare con queste persone, e ho paura di non controllarmi. Perdo subito le staffe".

Come pensa che il tema possa essere recepito dal pubblico?

"So bene che non è un argomento facile. Ma proprio per questo, penso che questo sia un film importante. Viviamo un momento delicato, stiamo ricominciando a uscire, a vivere, a discutere. Per questo è importante, ora più che mai, andare nella direzione giusta".

L’Italia, intanto, è già nel suo presente. Vedremo Bérénice anche nel film di Francesca Archibugi Il colibrì – tratto dal romanzo di Sandro Veronesi – con Pierfrancesco Favino e Nanni Moretti. Con il compagno Michel Hazanavicius, Bérénice ha anche girato Z (comme Z), una commedia grottesca e horror, su una troupe che gira un film sugli zombie. Ma, promette lei, "è un film leggero, che fa ridere, e una lettera d’amore al cinema".

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