Un telegramma svela Cori, l’amante di Puccini

Il documento del 30 settembre 1900 dà nome e cognome alla misteriosa donna: Corinna Maggia, una studentessa piemontese

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di Maurizio

Sessa

“Mi chiamano Cori, e perché, lo so...“ Al contrario di Mimì di La bohème, il cui nome è Lucia, lei conosceva il motivo per cui la sua identità doveva restare celata. Dietro il suo diminutivo si nascondeva l’ultima fiamma del maestro Giacomo Puccini. Una diciannovenne piemontese che a inizio del ventesimo secolo rapì il cuore e i sensi del quarantaduenne compositore lucchese assurto ai vertici della celebrità con Manon Lescaut nel 1893.

Una relazione che rischiò di mandare a carte quarantotto il burrascoso rapporto tra il Sor Giacomo e donna Elvira già sul piede di guerra per le scappatelle del compagno. Con il centenario della morte di Puccini alle porte – la dipartita sopraggiunse in una clinica di Bruxelles il 29 novembre 1924 – la misteriosa Cori ha finalmente un nome e un cognome: si chiamava Corinna Maggia. A svelare il secolare “caso Cori” sono i musicologi Francesco Cesari e Matteo Giuggioli, curatori del terzo volume dell’Epistolario pucciniano dedicato al triennio 1902-1904.

L’identificazione di Corinna Maggia è avvenuta sulla scorta della minuta (datata 30 settembre 1900) di un telegramma custodita nell’Archivio della Fondazione Simonetta Puccini per Giacomo Puccini di Torre del Lago. Il volume, pubblicato da Olschki di Firenze, uscirà il 17 dicembre e sarà presentato lo stesso giorno a Lucca a Palazzo Ducale, nell’ambito del cartellone 2022 dei Puccini Days organizzati dal Teatro del Giglio, con interventi di Alessandro Roccatagliati, Fiammetta Papi e Paolo Bolpagni.

Gli anni tra il 1902 e il 1904 furono cruciali nella vicenda umana e artistica di Puccini. Un triennio en rose, caratterizzato da un quartetto di donne che incisero non poco sul compositore intento a comporre Madama Butterfly. Il rapporto tra Puccini e Corinna verrà approfondito da Dieter Schikling, che assieme a Gabriella Biagi Ravenni coordina la pubblicazione dell’Epistolario, in un saggio che uscirà su Studi Pucciniani, miscellanea del Centro studi Giacomo Puccini di Lucca fondato nel 1996.

La studentessa Corinna – nata a Cossato (Biella) nel 1881, morta a Andora (Savona) nel 1973, nelle lettere chiamata Cori, "la torinese", "la piemontese" o "il Piemonte" – non aveva nulla a che spartire con la “malafemmina” sbandierata da Giulio Ricordi, l’editore e padre putativo di Puccini convinto che il suo pupillo fosse stato inghiottito nei gorghi della perdizione fisica e morale.

Reduce dalla première di Tosca al Teatro Costanzi di Roma il 14 gennaio 1900, a fine febbraio Puccini era a Torino per la seconda rappresentazione dell’opera tratta dall’omonimo dramma di Victorien Sardou. E in quei giorni conobbe Cori, al secolo Corinna Maggia. L’intrigo amoroso fra varie traversie si strascicò per tre anni. A un certo momento intervenne la moglie Elvira, impaurita che il rapporto con Puccini potesse concludersi malgrado la nascita del loro figlio Antonio avvenuta sul finire del 1886. Ma a porre fine alla relazione tra Giacomo e Corinna fu un accidente, o meglio un incidente d’auto.

La sera del 25 febbraio 1903 l’automobile su cui viaggiavano Giacomo, Elvira e Antonio Puccini per un errore dell’autista sbandò ribaltandosi in un fossato. Il maestro riportò la frattura della tibia della gamba destra, dovendo così osservare una lunga convalescenza. Un periodo in cui, impossibilitato a vedere Corinna, venne assediato dalle premurose cure delle sue sorelle e della compagna di vita.

A sbrogliare l’intricata matassa sentimentale, ventiquatto ore dopo l’incidente sopraggiunse la morte di Narciso Gemignani, il marito che Elvira aveva lasciato per seguire il giovane compositore di belle speranze autore di Le Villi. Trascorsi i dieci mesi di vedovanza previsti dalla legge, Elvira poteva convolare a nuove nozze. E il 3 gennaio 1904 Giacomo ed Elvira si unirono per sempre nella buona e nella cattiva sorte a Torre del Lago. Giacomo con connaturata ironia apostrofò il matrimomio come "vecchiata", a riprova dello scarso entusiasmo con il quale si presentò al cospetto prima del sindaco e poi del parroco della sua patria d’elezione sulle rive del Lago di Massaciuccoli.

Ristabilitosi, nell’ottobre 1904 Giacomo a Londra incontrò Sybil Seligman, affascinante e raffinata signora inglese destinata a diventare la sua musa ispiratrice. Nel frattempo, in casa Puccini era stata assunta come domestica una modesta diciottenne fanciulla del posto: si chiamava Doria Manfredi. La stessa Doria che, sul finire del gennaio 1909, accusata da Elvira sulla pubblica piazza di essere l’amante di Giacomo per la vergogna si darà la morte avvelenandosi.

Il Maestro cadrà nella più profonda depressione, interrompendo per alcuni mesi l’"opera americana", ossia La Fanciulla del West. E si separerà momentaneamente da Elvira sottoposta a processo e condannata in primo grado. Gli anni tra il 1902 e il 1904 furono quindi apportatori di eventi, incontri e sviluppi decisivi nella vita di Puccini.

Terminata la commedia del triangolo d’amore tra Giacomo, Elvira e Corinna con l’entrata in scena di Doria cominciò ad alzarsi il sipario sulla tragedia. La tragedia vera della Fanciulla del Lago.