Milo Manara, lei ha affrescato i muri delle scale dell’Istituto di anatomia di Padova. Come è nata l’iniziativa? "Me l’ha proposto l’ateneo, per festeggiare i 100 anni di fondazione dell’Istituto. Per fortuna adesso c’è una tecnica innovativa che permette di avere la stessa resa dell’affresco senza farlo direttamente sulla parete, altrimenti sono più di 200 metri quadri! Mi veniva in mente quello spot che diceva: ‘Per dipingere una parete grande ci vuole un pennello grande’, ma qui sarebbe stato molto difficile trovare dei pennelli abbastanza grandi.Io ho potuto lavorare su dimensioni più accessibili, poi ho mandato un file ad altissima definizione, successivamente stampato su una pellicola. La pellicola viene attaccata sul muro, tirata via, e l’affresco resta sulla parete. Il dipinto, sia visivamente che tattilmente, è un autentico affresco, un muro colorato. In tutto ho impiegato 4-5 mesi". A quali temi si è ispirato? "Trattandosi dell’anatomia, ho rappresentato quella frase meravigliosa ‘Mors ubi gaudet succurrere vitae’, cioè in questo luogo la morte è lieta di soccorrere la vita’, dove c’è la porta che dà sugli obitori, con i corpi donati alla scienza. Sulla parete successiva mi sono ispirato al frontespizio del primo libro di anatomia dell’epoca, cinquecentesco. Sull’ultima parete ho illustrato lo scopo dell’università: ho messo al centro il teatro anatomico, il più antico del mondo, da cui partono i giovani studenti che se ne vanno per il mondo per eseguire la loro missione". Accanto alla scritta che lei ha citato, ha rappresentato, nuda, una delle sue ragazze ormai entrate nell’immaginario collettivo. Anche questo affresco si ricollega in qualche modo alla tradizione delle sue storie? "Sul piano visivo sì, in realtà si tratta di un’allegoria, che si usa moltissimo in pittura. Per esempio: se dipingo un cuore non intendo il muscolo cardiaco ma l’amore. Io dovevo disegnare un dialogo tra ...
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