Giovedì 25 Aprile 2024

"Ugo Tognazzi, un papà speciale. La gioia di casa"

Gian Marco e Maria Sole ricordano il padre nel centenario della nascita. «La famiglia allargata era il suo modo di vivere»

Gian Marco e Maria Sole Tognazzi, nel riquadro il padre Ugo

Gian Marco e Maria Sole Tognazzi, nel riquadro il padre Ugo

Benevento - Ospiti d’onore del BCT, il festival del cinema e della televisione in corso in questi giorni a Benevento, Gian Marco e Maria Sole Tognazzi domani sera ricorderanno, nel centenario della nascita, il loro padre inimitabile e irresistibile con uno spettacolo/omaggio fatto di spezzoni di film, aneddoti, ricordi. Ma forte è la curiosità di sapere come è stata la loro vita, la loro infanzia, la loro adolescenza, con un padre come Ugo Tognazzi.

Maria Sole, Gian Marco, come raccontereste la vostra infanzia? C’era un prediletto, fra i figli? Maria Sole, la femmina, la più piccola?

Maria Sole: "Assolutamente no! Essendo un padre speciale, Ugo era speciale anche negli affetti. La figlia femmina coccolata, viziata, vezzeggiata non faceva parte del suo modo di essere".

Gian Marco la vede in modo diverso: "Ognuno di noi figli ha rappresentato un momento diverso della sua vita. Ognuno di noi ha avuto un Ugo diverso. Ugo è stato quattro padri diversi, ed era sempre lui. Ed è stato fratello dei suoi figli".

Di voi due, chi ha vissuto di più il rapporto con il padre?

Maria Sole: "Io sono quella che lo ha ‘vissuto’ di meno, anche per una questione anagrafica. Quando è venuto a mancare, avevo diciotto anni: è stato un colpo durissimo, perché proprio in quegli anni avrei potuto costruire un rapporto maturo con lui".

Gian Marco ricorda: "Ugo se n’è andato che avevo appena ventidue anni, mi ero appena riconciliato con lui. Ricky era invece l’amico, il confidente, quello che - per ragioni di età - frequentava i set con lui. Quello che se lo è goduto di meno è Thomas, il fratello norvegese, che veniva solo d’estate o a Natale".

Chi si è lasciato maggiormente affascinare dal cinema?

Gian Marco: "Di tutti, Ricky lo ha seguito sul set fin da bambino: per lui il cinema è iniziato come un gioco ed è diventato presto un lavoro. Io il mondo del cinema l’ho respirato negli incontri continui che avvenivano a casa nostra, alle cene in cui si parlava di tutto e in cui Ugo raccontava, a volte, le sue paure di fronte a un film".

Maria Sole era troppo piccola per subire quel fascino: "Non andavo sul set, e anche quando venivano degli strani signori in casa, che facevano i registi o gli sceneggiatori, non ci facevo troppo caso".

Papà a casa com’era? Un fotogramma di Ugo in interni…

Maria Sole: "Io lo ricordo con i giornali davanti: leggeva tutti i giornali che esistevano. Faceva una grande colazione, con i quotidiani da una parte e la sigaretta in mano. Oppure, lo ricordo con un copione in mano: studiava sempre, a Velletri o a Torvajanica".

La contraddice Gian Marco: "No, Ugo non l’ho mai visto a leggere un copione: l’ho visto solo sui libri di cucina, a studiare la prossima ricetta".

I famosi tornei di tennis a Torvajanica li ricordate? Si giocava sul serio o per finta?

Maria Sole: "Me li ricordo molto bene: facevo la raccattapalle, in quei tornei, e mi divertivo un sacco. Papà era molto amico di Nicola Pietrangeli e di Adriano Panatta: e quando c’erano loro, le partite diventavano vere. Fra gli attori, il più bravo era Giuliano Gemma era veramente bravo. Era bravo anche il regista Gillo Pontecorvo. Alessandro Haber invece si arrabbiava spesso, buttava la racchetta contro la rete e gridava…".

Gian Marco, era tutto così giocoso e semplice?

"Sul campo sì. Ma che organizzazione veniva messa in piedi! Con gli sponsor, mesi di preparazione, sedici persone a preparare tutto. Avevamo settanta ospiti in casa, la sera della finale avevamo mille persone sulle tribune, e cinquecento a cena. Era il pretesto per mangiare fino alle quattro di mattina. E magari durante quelle cene nasceva l’idea per un film".

Le cene 'dei Dodici Apostoli' sono diventate leggenda. Esistevano davvero? Chi vi partecipava?

Gian Marco, su questo, è tassativo: "Certo che esistevano. Ed esistevano i ’12 apostoli’, sempre quelli: Villaggio, Marco Ferreri, Mario Monicelli. Ognuno votava le creazioni di Ugo, su un fogliettino segreto. E una volta, rimasta leggendaria, si misero d’accordo per definire tutti quanti il suo piatto un solenne fallimento, un fiasco totale, un obbrobrio. Non ho mai visto Ugo tanto arrabbiato".

Ma questo papà sempre sul set, questa famiglia allargata, sono stati un privilegio o una difficoltà?

Gian Marco: «E’ stata un’infanzia felicissima. Noi siamo dei privilegiati, e lo siamo stati in mezzo a questa vita movimentata, e nonostante l’isolamento in campagna, a Velletri. Isolamento per modo di dire: c’erano sempre quattro, sei, dieci persone… Non ho mai avuto la sensazione di non avere un padre, o di avere un padre troppo distante".

"Neppure io - dice Maria Sole -. Anche se ero più riservata, meno espansiva, e papà aveva rispetto di questo mio carattere".

Ricky figlio della madre irlandese, Thomas in Norvegia, voi a Velletri. Una famiglia allargata anche geograficamente…

"Siamo stati quattro figli diversi di un padre che era quattro padri diversi, ma sempre lui. Con la sua esuberanza, l’autoironia, il suo amore per la vita, i suoi pregi e anche i suoi difetti, che ha sempre mostrato con enorme onestà», dice Gian Marco. «La famiglia allargata era uno dei suoi modi di vivere, di essere onesto".

Chi di voi due era più legato a quel padre sfuggente e irresistibile?

Maria Sole: "Gian Marco è sempre stato innamorato di papà. A differenza mia, sentiva il bisogno della sua presenza, di un confronto, di un rapporto. Io, avendo capito di avere un papà speciale, diverso da quello delle mie amiche, non chiedevo questa presenza. Non chiedevo niente".

E fra di voi? Com’era, com’è il vostro rapporto?

"Ci siamo amati molto, siamo cresciuti insieme in campagna a Velletri, siamo andati a scuola insieme, ai Castelli Romani, tornavamo da scuola insieme. Ricky e Thomas erano i fratelli ‘grandi’, Ricky abitava già a Roma: ci siamo sempre voluti molto bene, ma io e Gian Marco ci siamo amati alla follia".

Dice Gian Marco: "Stare in campagna era bello: ma come contrappasso, non conoscevo Roma, avevo il terrore di salire su un autobus o di andare in metropolitana".

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