Sabato 20 Aprile 2024

Tutto il dolore della verità

Andrea

Martini

La vecchiaia può accendere una nuova creatività e favorire il compimento della propria conoscenza e realizzazione. Il vissuto illumina allora il processo creativo. Ne è folgorante manifestazione “Marx può aspettare“ l’ultimo film di Marco Bellocchio in cui partendo da una riunione famigliare, con una drammaturgia coralmente cecoviana, si porta alla luce, attraverso memorie e stati d’animo, un episodio che, in forme diverse, ha inciso nel pensiero e nelle opere del regista piacentino.

Camillo, gemello di Marco, nato poche ore dopo di lui, ultimo di sei fratelli, si suicidò, non ancora trentenne, nel dicembre del ’68. Poco tempo prima, già in profonda crisi esistenziale, suscitata dall’avvilente confronto con i fratelli “intellettuali”, Camillo aveva chiesto aiuto con una lettera indirizzata al già affermato regista che, senza argomentare risposta, si era limitato a suggerirgli un catartico impegno politico, ricevendone la bruciante risposta: "Marx può attendere". La forza del film risiede nella disarmante sincerità delle confessioni, nell’espressività de gesti, nel calore delle rievocazioni con cui si ricostruisce la figura di Camillo quasi a volerlo sottrarre a un’identità evanescente a cui, al tempo, era stato relegato. Discorrono fluvialmente il quaranttotista Piergiorgio e il sindacalista Alberto, rievocano con accenti ancora accorati le sorelle Letizia e Maria Luisa: gli uni e le altre liberati dalla “correttezza familiare” indotta dall’ideologia e dalla fede. Mentre Marco in una sequenza emozionante davanti ai figli Piergiorgio e Elena, sgomenti, confessa come al tempo avesse negato a se stesso il peso del dramma, che solo più tardi sarà in parte smaltito nell’esercizio della propria arte. Né documento né film di famiglia ma grande coinvolgente cinema che degli affetti privati fa materia drammatica per uno spettatore universale.

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