Trieste, Italia Ma non troppo

Giovanni

Morandi

È la città dei tavolini in piazza. Un gran salotto all’aperto, tra il mare e il cielo, tra l’ovest e l’est, posizione fortunata. Ma se fosse più spensierata vivrebbe meglio. Sarà che i triestini sono un po’ matti come lo sono tutti quelli che vivono sulla frontiera e sanno che non c’è mai una realtà, come minimo due. Sarà che sono orgogliosi e non amano chiedere, sarà che anche se il futuro sembra avaro hanno un passato che è generoso, sarà che non sono nati secondi però Venezia è troppo vicina. Sarà che non può essere dimenticata perché è troppo italiana. Per lei si è fatto una guerra. Sarà che siamo proprio in Italia come dimostra il miglior caffè che si possa bere dopo quello di Napoli. Sarà che per imparare a vivere basta guardare come vivono i triestini e fare come loro, niente fretta, seduti ai tavolini di un Caffè sul mare, il Caffè degli specchi?, a guardare, ascoltare, chiacchierare, insomma lavorare quel che basta, senza esagerare. Sarà che merita più attenzione anche se i triestini sono visti come sovversivi perché vogliono riaprire la via della seta per far rinascere i commerci tra la Cina e questo porto dell’Adriatico anzi dell’Europa. Ma l’idea non piace agli americani. E insomma è per tutte queste ragioni che ci si aspetterebbe che una parte delle attenzioni di Bruxelles finisse in questa città così centrale all’Europa e così lontana dall’Italia. Per arrivarci bisogna cambiare il treno a Venezia e prendere un trenino che fa mille fermate per arrivare al Castello di Miramare, caro ai nostalgici di Vienna, e al Molo Audace, caro agli italianissimi. A Trieste forse manca il presente, o almeno ce ne vorrebbe di più, ma poi c’è tutto.

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