Trent’anni senza Freddie Mercury Un mito nella storia del rock

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Lo straordinario e inatteso successo di Bohemian Rapsody, il film del 2018 sulla storia dei Queen che con un budget di 52 milioni di dollari è arrivato a incassarne un miliardo vincendo quattro Oscar tra cui quello per il miglior attore protagonista (Rami Malek), è la dimostrazione più clamorosa di cosa rappresenti la band nella storia del rock e, ormai, nell’immaginario collettivo. E se questa vicenda comincia a confondersi con il mito è perché Freddie Mercury è stato uno dei front man più esplosivi, trasgressivi e coraggiosi mai visti su un palco. Purtroppo Freddie, morto trent’anni fa, il 24 novembre 1991 a Londra, è anche una delle più celebri vittime dell’Aids, che l’ha stroncato a soli 45 anni, nella sua residenza londinese quando la positività all’HIV era ancora una sentenza di morte.

Come in tanti ricordano ormai grazie al film, si chiamava Farrokh Bulsara, era nato a Zanzibar e aveva ascendenze parsi e indiane. Con la sua band, insieme a Brian May, John Deacon e Roger Taylor aveva trovato la sintesi della sua personalità di rocker innamorato della lirica ma che, cresciuto negli anni ‘60 e formatosi nei ‘70, amava Jimi Hendrix, Elvis Presley, Led Zeppelin e Black Sabbath, Liza Minnelli, David Bowie e il Glam rock di Marc Bolan e i T. Rex

Era un performer che usava la teatralità come un’arma, l’esibizione del suo machismo gay aveva il senso di uno sberleffo liberatorio che si accompagnava alla sue incredibili doti vocali e al suo talento di pianista. Ha condotto una vita spericolata e piena di eccessi ma senza mai rendere pubblica la sua verità di uomo.

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