
Tre donne e le vie introverse/estroverse delle loro relazioni amorose, a ridosso di certi maschi che, come sempre nel cinema...
Tre donne e le vie introverse/estroverse delle loro relazioni amorose, a ridosso di certi maschi che, come sempre nel cinema di Mouret, si alternano (col feticcio Macaigne) a fare e rifare la propria incompetenza annegata nelle parole o nella inettitudine sentimentale. Qui con qualche alternativa più attraente. In una scenografia degli interni ormai riconoscibile, sapiente e manierista, con quinte e angolazioni metaforiche, e un incipit a Lione modello Manhattan, si apprezza la profondità di analisi del cuore femminile, ma è fin troppo scoperto il sistema razionale che decide chi sono e cosa faranno i personaggi. Per intenderci, siamo nella "via" francese all’esplorazione degli incontri amorosi che ha radici nella cultura letteraria e teatrale illuminista del racconto morale dopo la commedia di Marivaux: il ragionamento che controlla l’azione tra saggezza e istinto, con elementi burleschi, pensiamo al patetismo e all’ironia di Rohmer e in epigoni o emuli, come il Fontayne di Una relazione privata o I sentimenti di Noémie Lvovsky. E’ del gruppo anche Mouret, ma non emerge chiaro né un campione di teatralità né uno specchio sociale autentico. Poetismo ingessato, che poi però libera momenti più autentici lasciando l’impressione del tempo e dei fatti. Interessante.
Silvio Danese