Giovedì 25 Aprile 2024

Torpedine: "Il mio Volo nella grande musica"

Una carriera da favola, dall’infanzia povera ai trionfi mondiali come manager e produttore

Michele Torpedine con i ragazzi de 'Il Volo'

Michele Torpedine con i ragazzi de 'Il Volo'

Bologna, 30 marzo 2018 - «Quando non hai i soldi per andare avanti e vivi in cinque in una stanza sola, non c’è romanticismo nella povertà... solo dolore e rabbia. Ho cominciato a lavorare a 8 anni, raddrizzavo i chiodi che venivano estratti dalle suole, guadagnavo poco o nulla... ma era sempre meglio di niente. A 12 anni ho iniziato a lavorare come batterista, poi come cameriere e fattorino».  C’è un Michele Torpedine che non ti aspetti in “Ricomincio dai tre” (Pendragon), racconto intimo nel quale il manager e produttore musicale nato in Puglia nel ’52 ma cresciuto all’ombra della Garisenda, parla di sé. Rivivendo aneddoti, incontri, amicizie, rapporti professionali finiti più o meno bene come manager di personaggi del calibro di Gino Paoli e Ornella Vanoni, Pino Daniele, Zucchero, Andrea Bocelli, Biagio Antonacci, Giorgia, Eros Ramazzotti fino al successo mondiale con Il Volo, Torpedine vince la sua naturale ruvidezza. Alla fine si scioglie, districa i nodi, arrivando a parlare senza rabbia, con una tenerezza nuova, del sua quarantennale rapporto con la musica e gli artisti. Lo fa da uomo appagato, capace di sotterrare i rancori e assaporare il gusto dolce dei sentimenti veri.

Michele Torpedine
Michele Torpedine

Cos’è cambiato, Torpedine? «Ho tanti nemici, che aumenteranno dopo questo libro. Ma ho incontrato le persone giuste: Gianluca Ginoble, Ignazio Boschetto e Piero Barone».

I ragazzi del Volo? «Sì, come si capisce dal titolo del libro. Quando li ho conosciuti e messi insieme come trio erano talmente giovani... pensare che sono già passati dieci anni! Con loro e con le loro famiglie, gente per bene, è nato un rapporto che va ben oltre quello professionale. Insieme si scherza e si ride, poi facciamo sul serio, riscuotendo successi mondiali: ma il lato umano, il loro essere veri e puliti, per me è un valore aggiunto, che non ha prezzo. E, soprattutto in questo ambiente, è merce rara».

Un po’di amarezza? «Vede, quello del manager è un mestiere particolare: quando prendi un artista e magari lo scopri in un piano bar o in un momento di impasse della carriera (com’è accaduto rispettivamente con Andrea Bocelli, quando l’ho conosciuto cantava in un piano-bar, e Gino Paoli, che era in difficoltà si esibiva ai minimi salariali) e riesci a farli lavorare molto e bene, all’inizio sei un eroe, quello che gli fa guadagnare l’80 per cento. Ma con il passare del tempo, quando prendono sicurezza e pensano di potercela fare da soli, ecco, allora diventi quello che gli prende il 20 per cento. Ah, non è il caso di Paoli». 

Scarsa riconoscenza? «Diciamo nessuna. È così difficile sentirsi dire “grazie”. Per questo i ragazzi (così chiama sempre Gianluca, Piero e Ignazio, ndr.) sono diversi: riconoscenti, tanto che ho dovuto dirgli di smettere di fare il mio nome e ringraziarmi durante le interviste o alla fine dei concerti, sembra tutto preparato».

Quanto affetto... Voglia di una famiglia, Michele? «Non ho figli né moglie, ho sposato la musica. Forse il brutto verrà dopo, quando ti volterai e non troverai nessuno. Ma al momento mi va bene così».

Fra gli artisti che sono stati “suoi”, ce n’è uno con il quale le piacerebbe ricucire? «Gino Paoli. Mi ha cambiato la vita. Ero il suo batterista e negli anni ’80, ’81 gli facevo da road manager. In quel tempo Gino era un po’ sottotono, anzi più di sottotono. Un giorno, con Bruno Sconocchia, gli dico: ‘Senti, Ornella (Vanoni, ndr) fa un sacco di concerti e i tre quarti delle canzoni sono tue. Perché non fate una tournée insieme?’. Lui all’inizio non voleva, diceva che gli sembrava una cosa da fotoromanzo. Parlai con Ornella e alla fine riuscii a convincerla perché Gino si fece garante nei miei confronti se le cose fossero andate male. Avevo programmato 72 serate in tutta Italia. Se non avessimo venduto, l’unica cosa che avevo era un biglietto per il Brasile. Invece la tournée fu un trionfo. Ecco, quello che vorrei, è recuperare la sua amicizia, pur cosciente di averlo deluso: ma le ferite stentano a guarire, quando sentimenti e ferite sono profondi».

Prossimi appuntamenti? «Il 7 giugno i ragazzi saranno al San Paolo di Napoli per per il concerto-tributo a Pino Daniele, poi siamo in procinto di fare un’etichetta musicale insieme e dare valore anche ad artisti nuovi».

La musica, il libro, e poi? «Intanto ne ho data una copia a Pupi Avati, sa che mi ha detto dopo averla letta? Che di tutti i personaggi di cui racconto, quello che l’ha colpito e gli piace di più sono io (scoppia a ridere, ndr.), partito da un monolocale in una piccola casa bianca e passato alla sala ovale della Casa Bianca, ricevuto da Clinton e da Bush. Chissà che ‘Ricomincio dai tre’ non diventi un film». 

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