Torna Remarque, molto di nuovo agli Oscar

La nuova versione del film dal romanzo sulla Grande guerra corre per la statuetta. Nel 1930 i nazisti lanciarono topi e petardi per bloccare la visione

di Roberto

Giardina

Sempre niente di nuovo al fronte, dalla Grande Guerra all´Ucraina. È stata resa nota la lista dei quindici film stranieri candidati all´Oscar. Noi siamo già fuori gara. Nostalgia, la pellicola di Mario Martone, con Pierfrancesco Favino, tratta dal romanzo postumo di Ermanno Rea, non è stato ammesso dai giurati. Abbiamo sbagliato a presentarlo, non era adatto all’Oscar, dunque è un buon film, anzi molto bello. Probabilmente non vincerà neanche il film tedesco, Im Westen nichts neues (Niente di nuovo sul fronte occidentale), dura quasi due ore e mezzo, e non è all’altezza della prima riduzione cinematografica del romanzo di Erich Maria Remarque del 1930. Ma il pessimismo non è dovuto alle qualità artistiche del film diretto da Edward Berger.

È un’opera pacifista, non potrebbe essere altrimenti, quindi controcorrente, mentre gli ucraini resistono all’invasione russa. Chi chiede che si giunga a un accordo, non raggiungibile senza un compromesso, viene accusato di essere a favore di Putin. L´alternativa sarebbe la disfatta della Russia, sia possibile o meno, richiederebbe ancora decine di migliaia di vittime, ucraini e russi, e civili, donne e bambini. "Il mio romanzo non è politico, non è pacifista – sostenne Remarque – io descrivo quel che ho vissuto al fronte". Le sue parole non devono essere prese alla lettera. Il giovane scrittore (1898-1970), Remarque è un nome d’arte, si chiamava Paul Remarck, era sottoposto a critiche feroci, ad aggressione fisiche, da parte di reduci che lo riconoscevano per strada.

Il romanzo apparve a puntate sulla Vossichen Zeitung, nel novembre del ´28. Il volume uscì dalla Propylaen Verlag già nel gennaio del ’29. In undici settimane vendè 450mila copie, e fu tradotto in 26 lingue, in marzo in inglese. Oggi è tradotto in cinquanta paesi, e fino al 2007 aveva venduto oltre venti milioni di copie. Un romanzo che raggiungeva i lettori, ovunque, vincitori e vinti. Ogni guerra ha solo perdenti.

La reazione fu immediata. Remarque era un disfattista, un traditore. Cinque giorni dopo la prima puntata, apparsa il 10 novembre, venne licenziato dal giornale Sport im Bild, dove era redattore. I nazisti non erano ancora al potere, anzi nessuno prevedeva che fosse possibile una vittoria di Adolf Hitler. La Germania della Repubblica di Weimar si sentiva una vittima della guerra, umiliata dai vincitori, la sconfitta era ingiusta, provocata dal tradimento dei comunisti e degli ebrei.

Il 9 luglio del ’31, il romanzo fu bandito dalle biblioteche scolastiche. Aveva venduto due milioni e mezzo di copie, in tutto il mondo. In Italia lo aveva tradotto Mondadori, ma il fascismo ne vietò la stampa. L’editore si appellò a Mussolini, e il Duce trovò una soluzione all’italiana: poteva venire stampato ma non venduto in Italia. Per comprarlo bastava andare in Svizzera.

Il film dell´americano Lewis Milestone, uno dei primi sonori, è del 1930. Fu proiettato a Berlino il 4 dicembre, i nazisti devastarono i cinema, minacciavano gli spettatori all’ingresso, gettarono petardi e topi nelle sale per scatenare il panico.

Cominciò la campagna contro Remarque, mentiva, non era mai stato in guerra. Ma si era arruolato nel 1916, ancora studente, fu inviato al fronte nel ’17, e ferito da una granata dopo un mese, il 21 luglio. Per scrivere, interrogò amici, e reduci. Il libro fu dato alle fiamme a Berlino nel ’33, insieme con le opere di Thomas Mann o di Döblin. Remarque fu costretto a emigrare in Svizzera, poi ottenne la cittadinanza americana.

Il grande critico Marcel Reich-Ranicki, ebreo sopravvissuto al ghetto di Varsavia, disse che molte pagine del romanzo sono sciatte, scritte male. Ma il suo è un complimento. Scritto in stile letterario avrebbe perso la forza immediata, un bel libro rischia di sembrare lontano dalla realtà. Nell’ultima pagina, il protagonista Paul Baumer, viene trovato morto nel fango: "Il suo volto aveva un’espressione serena, come se fosse contento che fosse finita così". Alla verità non servono parole originali. "Tutti sono contro la guerra – disse Remarque in un’intervista – tranne quelli che in guerra non vanno mai".

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