Sabato 20 Aprile 2024

Thegiornalisti: "Noi, generazione in cerca di Love"

Il nuovo album del gruppo: "Insicuri del domani, sogniamo famiglia e serenità"

Thegiornalisti

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Milano, 21 settembre 2018 - All you need is…Love. Il ritorno del ragazzo che avrebbe voluto essere Chris Martin sta tutto in queste dieci nuove canzoni, più ouverture, scritte col cuore al palco e il pensiero all’hit-parade. Per Tommaso Paradiso e i suoi Thegiornalisti, infatti, Love è un disco di crescita, marchiato a fuoco da un’elettronica feroce, che trova requie solo in ballate come Controllo o la stessa Love. Questo 5° album è probabilmente quello della consacrazione, costruito da Paradiso & Co., con la complicità di Dario Faini (e di Takagi & Ketra), per regalarsi un posto tra i pesi massimi della musica italiana. Il pubblico, dal canto suo, ha già provveduto a farlo – dopo aver ascoltato in radio singoli come Questa nostra stupida canzone d’amore, Felicità puttana e New York – mandando esauriti gran parte dei palasport toccati da quel Love Tour al via il 19 ottobre da Vigevano. «In questo disco c’è un mix di malinconia o di gioiosa disperazione» spiega «Tommy». «Lo trovo molto innamorato; con momenti che, anche dopo 50 ascolti, mi fanno ancora stare male e bene allo stesso tempo».

Perché nella conclusiva “Dr. House”, la canzone più personale perché parla del vuoto familiare che si porta dentro da sempre, fra i suoi padri putativi non elenca musicisti, ma piuttosto attori?

«Perché il cinema è la mia grande passione. E pure il nome di Morricone, in quella lista, va letto con riferimento al grande schermo. Passo molto più tempo a vedere film che ad ascoltare canzoni. Quando entro in una storia del grande schermo, infatti, torno a stare bene. Se ho bisogno di staccare e di stare bene, mi guardo un film di Carlo Verdone, di Alberto Sordi, di Nanni Moretti, di Quentin Tarantino. Mi riportano indietro nel tempo, alle cene da solo con mia madre davanti alla tv accesa».

Cosa cerca?

«Serenità; quella di una cena casalinga con la mia ragazza o di una serata con i miei amici; la famiglia che mi sono costruito attorno negli anni».

La stessa che cercano tanti della sua generazione.

«I ragazzi non hanno paura di un pericolo storico come il terrorismo o i missili della Corea del Nord, quanto di un domani che non c’è o è difficile da identificare. Penso di essere ascoltato perché parlo più di problemi introspettivi che di problemi sociali. Raccontando me stesso interagisco con persone che hanno le stesse ansie e apprensioni perché, evidentemente, viviamo le stesse vite».

Non sarà che viviamo questi tempi perché troppi come lei hanno lasciato che le questioni sociali le cantassero altri?

«Nei corsi e ricorsi della musica popolare, questo è il ventennio in cui ci si è più allontanati dalla canzone civile, sociale, di protesta. Ma sono certo che ritornerà. Al di là delle canzoni, però, non mi tiro certo indietro dal dire la mia sul mondo che mi gira attorno».

Le Coliche, nella loro ultima parodia, le fanno formare trio con Coez e Calcutta. Una specie di risposta indie a Nek Renga Pezzali. Le piacerebbe fare qualcosa di simile per davvero?

«Con Silvano (Coez) ci vediamo ogni tanto, mentre con Edo (Calcutta) c’è proprio un rapporto di amicizia stretta. Abbiamo scritto già delle cose assieme e qualcosa, più avanti, la faremo di sicuro. Il sogno del nostro editore, Universal, sarebbe quello di unirci in una specie di Banana Republic, dando alle stampe un album con tre-quattro inediti e poi un tour. Anche se io ed Edo non siamo certo Dalla-De Gregori».

 

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