Mercoledì 24 Aprile 2024

Teo Teocoli: "Io, dal profondo Sud a Milano. Offese e sfottò non mi colpivano"

"Ricordo i cartelli 'non si affitta ai meridionali'. A suola mi finsi lombardo, mi sgamarono subito"

Teo Teocoli (Ansa)

Teo Teocoli (Ansa)

"Mi chiamavano terrone, baluba, mandarino, andalù. Si ricorda chi era Andalù? Era l’assistente di colore che portava via le bestie dallo studio di Angelo Lombardi, l’amico degli animali. Ma erano offese bonarie, mai cattive. È vero che i milanesi hanno il cuore buono. Magari ti chiamavano terrone, ma subito dopo ti invitavano a prendere un caffè". Teo Teocoli, 76 anni compiuti da due giorni, nativo di Taranto, è nato terrone ma poi è diventato più milanese dei milanesi. "Avevo capito che, per integrarmi, era necessario imparare il dialetto. Ci provò anche mia mamma ma, poverina, la ü lombarda non è mai riuscita a dirla".

Eppure negli anni Cinquanta la discriminazione c’era...

"C’erano i cartelli ‘Non si affitta ai meridionali’, è vero, li ho visti anch’io. Ma si trattava di casi isolati, non era un animo diffuso. E poi non dimentichiamo che i terroni hanno fatto la storia della Fiat, della Pirelli, della Falk. Era brava gente che alla mattina si alzava, indossava il giubbotto di finta pelle e andava al lavoro in bici".

Mai subito un episodio di discriminazione?

"C’erano le offese, come ho detto, ma non mi colpivano. Alle elementari non capivo niente, per fortuna in quarta ho trovato una maestra molto attenta che si è presa cura di me. Una volta in seconda media mi hanno chiesto dove ero nato, e ho risposto: Milano. Mi hanno sgamato subito e sono stato sospeso".

Dove viveva?

"Nelle case popolari alla periferia della periferia nord di Milano. Case popolari che oggi sembrano di lusso. Il 70% degli abitanti erano meridionali, vivevamo in un’enclave separata dal resto della città. La prima volta che sono andato in centro a Milano col tram avevo 14-15 anni. C’era la casa, la scuola, l’oratorio. Giocavamo a pallone dieci ore al giorno. A mezzogiorno, quando suonava la sirena delle fabbriche, lasciavamo libero il campo e arrivavano gli operai della Falk e della Pirelli che durante l’ora del pranzo giocavano a calcio. Su quei campi sono nati molti campioni, e non dimentichiamoci che gente che ha fatto la storia artistica di Milano, come Celentano o Jannacci, veniva dal Sud. Ancora oggi Celentano, in privato, prova a parlare pugliese".

Insomma ‘terrone’ non era vissuto come una grande offesa...

"Era un’offesa, ma non ferale. Quando si trattava di giocare a calcio, mi sceglievano sempre per ultimo, non perché non fossi capace, ma perché avevo quel carattere un po’ più spigoloso tipico dei meridionali, più permaloso, più combattivo. Ma per me venire chiamato terrone non è mai stato un ostacolo".  

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