Mercoledì 24 Aprile 2024

Tatuaggi di Auschwitz, l’asta che scuote Israele

Messe in vendita otto tavolette con grossi aghi usate per imprimere i numeri sulle braccia dei prigionieri. L’ira del Museo della Shoah

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di Aldo Baquis

In una casa d’aste di Gerusalemme, nel popoloso sobborgo di Gilo, sarà messo in vendita uno dei simboli più abietti della Shoah, proveniente dal campo di sterminio di Auschwitz. Si tratta di piccole tavolette di metallo, otto in tutto. Sono come timbri con spunzoni con la sagoma di una cifra, oggetti di un centimetro per un centimetro e mezzo, che venivano conficcati nella carne delle vittime per tatuarle così con un indelebile numero di serie. Una tortura fisica, e anche mentale. Una volta marchiato, il prigioniero comprendeva di essere perduto per sempre. Perché se anche fosse riuscito a fuggire dal lager nella Polonia invasa dai nazisti, presto o tardi sarebbe stato scoperto dai suoi persecutori. "Sarebbe stato braccato ovunque, proprio come un animale selvaggio", dice Meir Tzolman, il proprietario della omonima casa d’aste che ha messo a soqquadro Israele quando ha preannunciato che la clamorosa asta avrà luogo il 9 novembre.

Anche se da Yad Vashem giungono adirati anatemi. "Questo genere di commercio – ha esclamato il direttore del Museo della Shoah, Dany Dayan – è moralmente inaccettabile, e non fa che incoraggiare la proliferazione di falsi. Facciamo appello alle case d’aste e ai siti online – ha aggiunto – affinché cessino queste vendite".

Si tratta certamente di un’asta agghiacciante per i 175mila sopravvissuti alla Shoah che vivono ancora oggi in Israele, molti dei quali per superare i traumi si rivolgono a centralini telefonici di sostegno psicologico, specialmente nelle grandi solennità come il giorno della Shoah. "Quel numero che mi è stato tatuato – diceva lo scrittore Yechiel di-Nur, noto anche come ‘Ka-Zetnik’, uno dei celebri accusatori a Gerusalemme del gerarca nazista Adolf Eichmann – e mi ha poi bruciato la pelle per decenni. Non ho mai più indossato camicie con le maniche corte. Non solo la pelle mi ha bruciato, ma anche l’anima".

Tzolman queste cose le comprende meglio di chiunque altro essendo cresciuto fin da bambino con un nonno, Yechiel, sopravvissuto alla Shoah: "Anche lui fu portato ad Auschwitz, e tatuato. Si salvò solo grazie alla prestanza fisica, perché i suoi aguzzini preferirono destinarlo a lavori pesanti piuttosto che eliminarlo". Dopo la guerra sarebbe immigrato in Israele, dove è deceduto vent’anni fa. Gli Tzolman sono ebrei ortodossi, e la loro casa d’aste è specializzata nella vendita di antichi testi ebraici e di manoscritti. "Nessuno dei miei familiari – ha affermato Meir Tzolman – ha opinato contro l’asta dei timbri utilizzati per i tatuaggi".

Egli ritiene che le otto tavolette di metallo siano originali. Lo confermerebbe un libretto di istruzioni in tedesco per l’uso del prodotto della azienda Aesculap. I timbri venivano composti all’interno di un telaio di legno e poi applicati con forza alla pelle. Erano stati concepiti originalmente per i bovini. L’azienda era specializzata in strumenti medici e il suo simbolo era quello di Esculapio e delle arti mediche: un serpente attorcigliato attorno ad una verga. Ma dal 1941 – se le informazioni di Tzolman sono storicamente corrette – produsse timbri molto piccoli, adatti appunto ad un braccio umano. Gli spunzoni si conficcavano nella pelle, dove disegnavano una cifra. Poi nelle ferite sanguinanti veniva versato un inchiostro bluastro.

Questi inauditi strumenti di tortura sono adesso in vendita a Gerusalemme, anche se il loro proprietario risiede negli Stati Uniti. "L’interesse sta montando. Il telefono non fa che squillare. Penso che alla fine le otto tavolette saranno vendute per 30-40 mila dollari". Tzolman ha insistito a spiegare di averle messe in vendita "proprio perché non scomparissero dalle pagine della storia, perché testimoniassero le terribili persecuzioni".

La sua speranza è che siano acquistate da un Museo. Con lui, comunque, Yad Vashem non vuole assolutamente avere a che fare. Se lo desidera, ha fatto sapere il Museo della Shoah, le tavolette possono essere consegnate ai suoi studiosi che ne verificheranno l’autenticità, le conserveranno ed eventualmente le utilizzeranno come testimonianze storiche. "Ma di questi oggetti – ribadisce Yad Vashem – non è moralmente possibile farne alcun commercio".

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