Martedì 23 Aprile 2024

"Sì, sono un bastardo Ma perché amo gli allievi"

Alessio Boni torna su Raiuno nel ruolo del maestro della “Compagnia del cigno” "Insegno che l’arte non ammette mediocrità: bisogna sempre dare il massimo"

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di Beatrice Bertuccioli

Per gli allievi del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano è “il bastardo”. "Ma dice verità che sono perle per i ragazzi. Avrei voluto avere un maestro così", afferma deciso Alessio Boni che all’insegnante e direttore d’orchestra Luca Marioni regala carisma e epiche sfuriate, ispirandosi, racconta, a quelle memorabili di Arturo Toscanini. Dopo il successo della prima serie, arriva La compagnia del cigno 2, sempre scritta e diretta da Ivan Cotroneo, prodotta da Indigo Film con Rai Fiction, altre sei prime serate in onda su Raiuno a partire da domenica 11 aprile.

Boni, un maestro sempre così bastardo, anche nella seconda stagione?

"È un po’ cambiato. Con la moglie Irene (Anna Valle) si sono riconciliati e hanno avuto due gemelli. Nella vita privata ha quindi ritrovato più equilibrio e serenità. Con i ragazzi diventa più accogliente e paterno, non è più tanto un rapporto insegnante-allievo quanto padre-figlio. Ma quando sale sul podio per dirigere, ritorna a essere inflessibile e spigoloso perché l’arte, afferma, non ammette mediocrità. Questa non è una scuola dell’obbligo, ripete agli allievi, ma un Conservatorio dove avete scelto di venire e se non date il massimo, io vi sbatto fuori".

Nella serie si esalta il valore dell’amicizia, l’importanza di fare squadra. Difficile in un mondo di individualisti com’è quello dello spettacolo? Qual è la sua esperienza?

"Ho amici ai quali sono legato dai tempi dell’Accademia d’Arte Drammatica, persone che con grande onestà e sincerità mi dicono se sbaglio. Sono per me importantissimi e oggi, che ho acquisito notorietà, lo sono ancora più che in passato perché mi dicono quello che altri preferiscono non dire, temendo magari di urtare la mia suscettibilità. Intorno a un maestro come Orazio Costa Giovangigli, insieme a me c’erano allievi come Fabrizio Gifuni, Luigi Lo Cascio, Pierfrancesco Favino, Sandra Toffolatti, Pietro Faiella, Eleonora Vanni, amici che mi seguono e con onestà mi dicono ciò che pensano, anche sul dettaglio di una scena. Ed è davvero importante perché, senza fronzoli, persone così ti aiutano a migliorarti, mentre altri, per paura di offenderti, se la cavano con una pacca sulle spalle".

Lei ha mai avuto insegnanti come Luca Marioni?

"Se si trascrivono su un foglio tutte le parole che dice Luca, ci si rende conto che ciò che dice è ineccepibile. Io avrei voluto avere un maestro così perché dice delle verità che sono delle perle per quei ragazzi di 16, 17, 18 anni. Il fatto è che le dice, a mio avviso, in modo molto forte, aggressivo, creando tensione. Ci sono direttori d’orchestra, ma anche tanti registi, convinti che per ottenere il massimo si debba creare tensione, far tenere le antenne tese, la spina dorsale dritta. Una convinzione che io non condivido, ma le sfuriate del mio Luca Marioni fanno ridere rispetto a quelle di Toscanini, che poi le faceva non a dei ragazzi ma a grandi musicisti".

Per la prima volta padre, di Lorenzo, avuto con la compagna Nina Verdelli, e per la prima volta nelle librerie, in questi giorni, con l’autobiografia Mordere la nebbia. Due eventi legati.

"Mio figlio è nato l’anno scorso, durante il lockdown, e attraverso di lui sono tornato alla mia infanzia e giovinezza quando, sulla Vespa, andavo sulle sponde del lago d’Iseo, guardavo la spessa coltre di nebbia e sentivo forte il desiderio di andare dall’altra parte per scoprire cosa ci fosse. E poi con quella Vespa percorrevo un immaginario ponte. Una metafora per cercare di stimolare mio figlio e ognuno a mordere la propria nebbia interiore. Mai avrei pensato di scrivere un libro ma la nascita di mio figlio me ne ha fatto avvertire l’esigenza e il lockdown mi ha dato il tempo per farlo. Sono grato a mio figlio che mi ha esortato a guardarmi dentro".

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