Martedì 23 Aprile 2024

Svogliato e pasticcione, infanzia di un Führer

A St. Pölten in Austria una mostra sugli anni giovanili di Adolf Hitler. Scolaro mediocre, poi il sogno ostinato di diventare artista

Quinta elementare, scuola di Leonding. Hitler è il bimbo al centro nella fila in alto

Quinta elementare, scuola di Leonding. Hitler è il bimbo al centro nella fila in alto

Riconoscete il bambino nella foto al centro della prima fila in alto? Sono 48 gli scolari della quinta elementare alla scuola elementare di Leonding, in Austria, alla fine dell’anno scolastico, nel 1899. È Adolf Hitler a dieci anni. Sembra voler dominare i suoi compagni. Tiene le braccia incrociate con aria di sfida, e non sorride, come nessuno dei coetanei. All’epoca, alla fine dell’Ottocento, non si sorrideva al fotografo, erano tutti seri, piccoli e adulti. Il maestro Leopold Pötsch ha un bel viso, e siede al centro. Avrà dovuto faticare per tenere sotto controllo la sua classe troppo affollata. Non era molto severo, a quanto si ricorda. Al contrario del padre Alois Hitler che educava il figlio a cinghiate.

L’insegnante trattava il piccolo Adolf come un imbranato, lo aveva incaricato di portare in classe le carte geografiche, ma era un pasticcione. Eppure, il futuro dittatore lo ricorda con affetto. La foto è esposta alla mostra Der junge Hitler- Prägende Jahre eines Diktators. 1899-1914. Il giovane Hitler, anni di formazione di un dittatore, appena aperta all’Haus der Geschichte, la casa della storia, a St. Pölten (aperta fino al 24 gennaio; il catalogo della Residenz Verlag costa 24 euro). La mostra era stata aperta in inverno, e subito richiusa a causa del Coronavirus. Non si dovrebbe esagerare nel voler scoprire segni premonitori. Forse Adolf scelse quel posto a caso, o fu messo lì dal maestro o dal fotografo. Chissà?

Già a dieci anni, osservano i curatori, ha la riga a destra, come da adulto, da Führer del III Reich. Il giovane Hitler era uno scolaro solitario, un poco strambo, non legava con i coetanei. Ma ognuno, credo, ricorda di aver avuto in classe un compagno come lui. O lo siamo stati noi. Era considerato dai bambini e dall’insegnante un pelandrone, pigro, poco diligente, anche se non ribelle. Era un cattivo scolaro. Sempre niente di particolare, affermano gli storici Hannes Ledinger e Christian Rapp, che tracciano un quadro del panorama scolastico nell’Austria Felix, in provincia.

"Nationalismus, Rassismus, Antisemitismus" erano diffusi all’inizio del XX Secolo, scrive Rapp. E la mostra pone la domanda inevitabile: cent’anni dopo, l’Europa è cambiata? Il politically correct impone di essere pessimisti, ma mi sembra che non si debba esagerare nel masochismo.

Il giovane Hitler, rimasto orfano a 14 anni, lascia la scuola senza un titolo di studio. Eppure, questo è noto, vuol diventare un artista. A 18 anni, si candida all’Accademia d’Arte a Vienna, ma l’esaminatore giudica che "non abbia abbastanza testa". Nei suoi disegni mancano gli esseri umani, manca la vita, è il suo giudizio. Altro segno premonitore. Il giovane è convinto di avere molti talenti. Sa dipingere, ma vuol anche comporre opere come il suo idolo Richard Wagner. Ignora la musica, quindi canticchia i motivi al suo amico August Kubizek, che deve tramutarli in note. Un segno di estrema sicurezza in se stesso. O di follia? Ma anche Pavarotti cantava non sapendo leggere uno spartito, almeno così si legge nella sua biografia. Lo spartito dell’opera del giovane Adolf, trascritta da August, Wieland der Schmied, Wieland il maniscalco, è esposto alla mostra.

Era un dilettante indeciso, pittore, architetto, urbanista, dalla provincia giunge a Vienna convinto di riuscire comunque. Nel 1914, alla fine della Belle Époque, quando tutti sono ancora convinti che la guerra non ci sarà, Adolf lascia Vienna per la Germania. E a Monaco troverà la sua strada e segnerà la storia d’Europa. Sarà colpa di un maestro elementare che nella foto ricordo lo piazzò nella fila in alto, in posa da dominatore?

 

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