Martedì 16 Aprile 2024

Sulle orme di Sandokan: ma la tigre non c’è

In viaggio con Malnati nel Borneo malese. Foreste e serpenti, terre ancora magiche come nei racconti di Salgari (che non le aveva mai viste)

Migration

di Aristide Malnati

Nel cuore della notte illuminata dal chiarore della luna e di decine di stelle puntiformi l’agile imbarcazione scivola lenta lungo un ramo del fiume Kinabatangan. Lo sguardo di ognuno di noi è concentrato a esplorare la fitta vegetazione che ci sovrasta, rami lunghissimi di alberi secolari che partendo dalle rive si chiudono a campana sopra le nostre teste, lasciando aperti piccoli squarci al chiarore notturno. Quand’ecco che la guida fa segno al barcaiolo di arrestare il movimento e indica e contemporaneamente illumina con la torcia una sagoma lunga e sinuosa, che scivola sopra un ramo.

Si tratta di un magnifico esemplare di oltre tre metri di un serpente ad anelli gialli e neri, largamente diffuso nel Borneo: "Non è velenoso", quasi ci rassicura il ranger malese che ci accompagna, che tuttavia subito ci mette in guardia: "Attenzione però perché è forse più pericoloso. Se si sente infastidito dalla nostra presenza può saltare dal ramo su uno di noi, attorcigliarsi e soffocarlo in un attimo. Meglio osservarlo da lontano".

Il Kinabatangan è il principale fiume del Borneo malese e taglia in due l’ampia distesa della foresta pluviale di Sukau per sfociare nel Mare di Sulu all’altezza dalla cittadina di Sandakan sulla costa orientale dello stato malese del Sabah. Un enorme polmone verde esistente da oltre 100 milioni anni, un forziere di specie vegetali e animali che esistono solo al suo interno. Un ambiente caro a noi italiani amanti dei romanzi di avventura: proprio qui e in alcune altre foreste vicine Emilio Salgari ha ambientato le gesta epiche del suo eroe più famoso, Sandokan. Una saga, la cui ambientazione è stata costruita a tavolino: Salgari ha immaginato location mozzafiato, foresta intricata, atolli con barriere coralline, villaggi di tagliatori di teste, città coloniali con avventurieri senza scrupoli non a seguito di una conoscenza diretta (lo scrittore veronese non è mai venuto da queste parti), ma basandosi su rendiconti di viaggio di esploratori olandesi e inglesi e sullo studio di enciclopedie etniche e carte geografiche dettagliate. Ne ha costruito una geografia precisa, che il lettore che giunge in queste regioni remote riscontra perfettamente con la realtà locale, oggi mutata di poco.

L’esplorazione delle terre di Sandokan non può non partire dalla quasi omonima cittadina malese, Sandakan, che ne ha palesemente ispirato il nome: sono ancora presenti e pieni di vita i quartieri con le bische, con i mercatini di spezie e oggettistica varia, con casupole di commercianti e pescatori che leggiamo nella saga della Tigre della Malesia, che vi si recò più volte con il fido amico Yanez quando costui tentava la sorte nel gioco d’azzardo. A pochi chilometri di distanza il Rehabilitation Center di Sepilok, dove cuccioli di oranghi orfani vengono svezzati e riabituati gradualmente alla foresta.

Foresta che risalendo il Kinabatangan diventa sempre più fitta, un mare verde con i suoi preziosi tesori: il fiume è il regno dei coccodrilli, che ogni tanto riaffiorano a caccia di piccoli roditori; la parte interna accoglie rinoceronti, elefanti pigmei, facoceri, cervi, gatti selvatici e leopardi; e sugli alberi si muovono agili scimmie con proboscide e ovviamente oranghi che vivono solo qui e a Sumatra.

Manca la tigre: la famosa belva che Sandokan in uno dei romanzi più famosi uccise con un balzo armato solo di un coltello è ormai estinta nel Borneo; in Malesia questo stupendo felino è presente solo nella foresta primaria del Taman Negara (a 5 ore d’auto dalla capitale Kuala Lumpur) ed è specie protetta. Così come sono protette la maggior parte delle specie endemiche grazie all’opera preziosa di associazioni animaliste e zoologi di tutto il mondo, tra cui i ricercatori dello zoo di Varallo Pombia (Novara), a capo di un progetto per la salvaguardia dell’elefante pigmeo. È soprattutto grazie a loro che la foresta di Sandokan continua a emozionare chi vi si avventura.

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