Mercoledì 24 Aprile 2024

Sulla montagna sacra, là dove abita Dio

Nel suo nuovo libro Franco Cardini analizza i luoghi in cui l’uomo nel corso dei secoli ha cercato (e trovato) la presenza del divino

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di Franco

Cardini

Il tema della sacralità della montagna è un tema sacro di carattere universale, dinanzi al quale i confessionalisti di qualunque religione sono diffidenti, ma che si riflette fenomenologicamente in moltissimi culti antichi e moderni (senza dubbio in tutti i principali sistemi mitico-religiosi che a livello antropologico noi conosciamo), dall’antico Egitto all’antica Cina al Giappone all’India alla civiltà babilonese alla Grecia al mondo celto-germanico, fino alle culture dei native Americans, che com’è noto sono del resto collegate a quelle uraloaltaiche della preistoria.

La montagna domina la terra e si approssima al cielo; dall’alto di essa, lo sguardo spazia tutto attorno. Da ciò derivano i suoi tre caratteri simbolici: può essere inviolabile sede divina; può venir scalata, in quanto tramite fra il mondo terreno e quello celeste (ma, quando nel suo seno si celi una grotta, anche fra cielo, terra e mondo infero); può venir intesa come centro, perno, fulcro, asse attorno al quale l’universo si ordina. In quanto sede divina, la sua inaccessibilità rende blasfemi i tentativi di conquistarla: si pensi al mito dei titani che tentano la scalata all’Olimpo. Perciò la montagna può esser luogo di manifestazioni teofaniche o cratofaniche. In quanto tramite, essa è imparentata con i simboli indicanti ascesa o comunque passaggio: essa è, nel senso della verticalità, quel che il ponte è in quello dell’orizzontalità.

Ascendendo la montagna, come passando il ponte, si accede da un mondo all’altro: da quello terreno a quello celeste, da una riva all’altra. Passare da un mondo all’altro significa mutar stato dell’essere: è fatto iniziatico. Ascendere la montagna può simboleggiare il percorso della vita e quindi il traguardo finale della morte, ma anche il raggiungimento dell’immortalità o addirittura la divinizzazione. Se poi, una volta giunti sulla cima, se ne ridiscende, si torna fra i nostri simili mutati qualitativamente: come Mosè dopo essere stato sul Sinai, come Gesù dopo il Tabor e dopo l’ascesa sul Calvario e sulla croce. Sotto questo profilo, simbolo equivalente alla montagna è l’albero: ben lo si vede nella rappresentazione medievale dell’Arbor vitae – "radice di Jesse" e, meno spesso, uscente dal ventre di Maria radix sancta – che termina in vetta con il Cristo crocifisso.

Analogo alla montagna e all’albero è il palo delle culture sciamaniche, ascendendo il quale l’iniziato passa da un mondo all’altro ed entra in comunicazione con i defunti. In quanto axis mundi, la montagna si collega ancora una volta all’albero (si pensi all’Irminsul o all’Yggdrasil, versioni germaniche dell’Albero cosmico) e al palo sciamanico: è il centro cosmico dell’universo. Stessa funzione ha, nella simbolica cristiana, la croce.

La montagna sacra (cui possono associarsi come dicevamo altri mitemi: il ghiacciaio, la fonte, la sorgente sotterranea, la grotta, il cratere vulcanico) è presente in molte culture tradizionali, dalla Cina al Giappone a Giava all’India, all’Asia turcomongola, alla Persia, all’America e all’Oceania, oltre naturalmente alle culture ellenica, romana, germanica, celtica, slava, baltica, che sono confluite nella tradizione europea. Alcuni edifici sacri riproducono con differenti funzioni la montagna sacra (piramidi egizie, ziqqurat babilonesi, teocalli aztechi).

Numerose montagne sacre figurano altresì nella tradizione biblica: esse si riassumono nel simbolo di Gerusalemme quale civitas in monte posita. Presso gli ebrei, difatti, il pellegrinaggio è ‘aliyah, "ascesa". Anche per questo motivo i santuari ad instar civitatis sanctae eretti a partire dal Quattrocento in Europa dai francescani, e destinati al pellegrinaggio sostitutivo di quello a Gerusalemme, furono chiamati "sacri monti".

I greci, oltre all’Olimpo sede degli dèi, al monte Ida in Creta luogo di nascita di Zeus e sacro alla "dea madre" Cibele, al Parnaso dominante Delfi e sacro ad Apollo, all’Elicona in Beozia dove scaturivano le sorgenti sacre alle Muse, veneravano il Caucaso su una vetta del quale sarebbe stato incatenato il titano Prometeo per aver disubbidito a Zeus beneficando il genere umano con il dono del fuoco.

Dall’altra parte del Mediterraneo un altro monte sacro a un altro titano, Atlante, sarebbe stato una delle colonne del cielo (più che di un monte, in quel caso si tratta di un’intera catena). Nella tradizione mazdaica si conoscevano varie montagne sacre quali l’Elburz in Azerbaijan. Altra montagna sacra importante, per il mondo buddhista, è il Kailash nel Tibet cinese.

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