Lunedì 12 Maggio 2025
CLARA LATORRACA
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Nicky Katt e il lato oscuro della fama: ansia e depressione sono ancora uno stigma a Hollywood?

La scomparsa dell’attore riporta l’attenzione sul legame tra depressione e fama. E su quanto il successo non sia garanzia di equilibrio interiore o felicità

Nicky Katt si è tolto la vita l'8 aprile 2025

Nicky Katt si è tolto la vita l'8 aprile 2025

La tragica notizia della morte di Nicky Katt, attore statunitense noto per suoi ruoli in film come Dazed and Confused, A Scanner Darkly e nella serie Boston Public, ha scosso il mondo dello spettacolo e riacceso un faro sul problema della salute mentale nello star system. Il 54enne si è infatti tolto la vita “dopo aver combattuto contro la depressione in silenzio e con coraggio", come ha dichiarato la sorella Elise Ravenscroft.

La notizia ha sollevato, ancora una volta, interrogativi sull’impatto psicologico della celebrità. Il gesto estremo di Katt arriva dopo anni di graduale sparizione dalla scena pubblica e, secondo alcuni colleghi, un isolamento sempre più marcato.

Il tasso di suicidi tra le celebrità

Il suicidio di Nicky Katt non è – purtroppo – un caso isolato. Le tragedie legate alla salute mentale nel mondo delle celebrità sono frequenti, e vanno ben oltre il semplice malessere psicologico: sono un riflesso delle difficoltà uniche che le figure pubbliche devono affrontare. Casi come quelli di Chester Bennington, cantante dei Linkin Park, dell’attore Robin Williams o della designer Kate Spade hanno dimostrato che successo e fama possono avere un lato oscuro e possono portare con sé problemi che – se non diagnosticati e curati – possono culminare in un gesto estremo.

Secondo i dati raccolti dall’Office for National Statistics in Inghilterra tra il 2011 e il 2015, musicisti, attori e altri professionisti dell’intrattenimento figurano tra le categorie lavorative con i più alti tassi di suicidio. Il rischio risulta significativamente più elevato rispetto alla media della popolazione: del 20% in più per gli uomini e addirittura del 69% per le donne.

Nel 2022, un’analisi statunitense ha rilevato un dato particolarmente allarmante: mentre il tasso medio di suicidi nella popolazione generale era di 14,2 ogni 100.000 persone, tra gli uomini attivi nel mondo dello spettacolo saliva a 138,7 per 100.000.

Robin Williams, attore: 21 luglio 1951 – 11 agosto 2014 (Ap)
L'attore Robin Williams è morto l'11 agosto 2014

Il lato oscuro della fama

La fama può avere effetti profondamente negativi sulla salute mentale delle celebrità, nonostante i privilegi e il successo che essa comporta. Secondo un articolo del Psychological Care Institute, tra i principali rischi ci sono lo scrutinio continuo, la solitudine e l’isolamento, la crisi d’identità e le dipendenze.

Nel primo caso, l’attenzione incessante dei media, i giudizi pubblici e la perdita di privacy, possono generare ansia, insicurezza e problemi di autostima. A questo si può sommare l’impossibilità o l’incapacità di condurre una vita normale e di creare relazioni umane autentiche – e questo può creare sentimenti di alienazione.

Inoltre, per alcune star può diventare difficile distinguere tra la propria persona e la propria immagine pubblica, cosa che pone importanti interrogativi e può causare confusione e disagio interiore. Infine, lo stress e le pressioni che subiscono alcune celebrità le spingono verso l’abuso di sostanze stupefacenti, che possono aggravare i problemi di salute mentale.

Il problema dello stigma, ma anche dell'auto-stigma

A tutto questo si somma il grande problema dello stigma riguardante la malattia mentale, che crea un circolo vizioso di alienazione, isolamento sociale e marginalizzazione. E allo stigma sociale si somma l’auto-stigma: secondo uno studio di Paola Carozza, pubblicato sul Journal of Health Care Education in Practice, “la condivisione da parte dell’individuo malato degli stereotipi più comuni (per es. le persone con malattie mentali sono incapaci) e la loro applicazione a se medesimo (sono incapace perché ho una malattia mentale)”, porta a una diminuzione dell’autostima ma anche della capacità di agire per prendersi cura di se stesso. La difficoltà nel parlare di problemi di salute mentale spesso ritarda la richiesta di aiuto e di conseguenza la diagnosi e il trattamento che possono salvare una vita.

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Il possibile ruolo della creatività e della performance

Sembra che i lavori legati alla performance e alla creatività portino con sè maggiori sfide dal punto di vista della salute mentale. Secondo uno studio dell’Univesrsity of Westminster di Londra, intitolato “Can Music Make You Sick?”, i musicisti hanno tre volte le possibilità di sviluppare una depressione rispetto alla norma. Secondo Sally Anne Gross, autrice dello studio, uno dei problemi principali sono le condizioni lavorative e il ritmo di vita, percepiti come decisamente stressanti.

Per quanto riguarda invece le persone creative in generale, uno studio islandese, condotto dal neurologo Kari Stefansson, ha rivelato che queste hanno il 17% in più di probabilità di essere portatori delle varianti genetiche legate a condizioni di salute mentale come schizofrenia e bipolarismo. E anche il mondo della recitazione sembra essere coinvolto: uno studio dell’Università di Sidney ha dimostrato che un quarto degli attori ha sperimentato ansia da performance debilitante e che molti ricorrono ad alcol e droghe per gestire la pressione.

A questo si aggiunge – secondo un articolo della rivista specializzata Backstage – lo stress fisico e mentale del lavoro, ma anche il fatto di trovarsi ad interpretare personaggi con problematiche di questo tipo: “Quando si entra veramente nel personaggio, – spiega a Backstage la dottoressa Michelle Sherman – il tuo corpo e la tua mente non sono in grado di differenziare realtà e recitazione”. “C’è il rischio di assorbire anche l’angoscia mentale del personaggio”, aggiunge il Dottor Robert Levy.

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Rompere il silenzio: celebrity che hanno parlato di salute mentale

Negli ultimi anni, alcune celebrità hanno scelto di rompere il silenzio e raccontare pubblicamente le proprie battaglie con la salute mentale, contribuendo in modo fondamentale alla de-stigmatizzazione del tema. Lady Gaga, ad esempio, ha parlato apertamente del suo disturbo da stress post-traumatico, sottolineando l’importanza del supporto psicologico e della compassione verso se stessi.

L'attore Jim Carrey (Afp)
L'attore Jim Carrey

Anche l’attore Jim Carrey ha condiviso le sue esperienze con la depressione, affermando in un’intervista a CBS News che “la depressione è solo un segnale: è il corpo che dice ‘non voglio più interpretare questo personaggio’”.

In Italia, il tema della salute mentale nel mondo dello spettacolo è ancora troppo spesso trascurato, nonostante una crescente sensibilità da parte di alcuni protagonisti del settore. Negli ultimi anni, diverse celebrità hanno preso parola per parlare del tema. Come Francesca Michielin hanno parlato pubblicamente di ansia, depressione e attacchi di panico e dell’importanza di intraprendere percorsi di terapia. O come Vasco Rossi, che ha raccontato di aver sofferto di depressione in passato e dell’importanza che ha avuto per lui la terapia farmacologica.

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Successo e benessere non sono sinonimi

Storie come queste – insieme alla tragica fine di Nicky Katt – mettono in discussione un mito ancora duro a morire: che basti “avere tutto” per stare bene. In realtà, la fama può accentuare il disagio, rendendo ancora più difficile chiedere aiuto. In un sistema che misura il valore delle persone attraverso il successo, il denaro o la produttività, riconoscere il dolore invisibile di chi è sotto i riflettori è un atto necessario.