Giovedì 18 Aprile 2024

Steinbeck & Capa cronisti nell’Urss

Torna il grande reportage del ’46. Lo scrittore e il fotografo raccontarono la vita quotidiana all’inizio della guerra fredda

A destra John Steinbeck e Robert Capa (combo)

A destra John Steinbeck e Robert Capa (combo)

Bologna, 24 marzo 2019 - Nel 1946 Winston Churchill annunciò che una “cortina di ferro” era scesa sull’Europa orientale. Già l’anno seguente poteva dirsi iniziata la Guerra fredda, che sarebbe durata più di quarant’anni. In quel clima il famoso scrittore americano John Steinbeck e l’altrettanto famoso fotografo ungherese Robert Capa, fondatore dell’agenzia Magnum, decisero di partire insieme per l’Unione sovietica (Diario russo di Steinbeck con le foto di Capa, uscito di recente per i tipi della Bompiani), un viaggio alla scoperta di quel nemico che era stato l’alleato più forte nella guerra appena conclusa. 

Un libro magnifico, come a suo tempo sottolineò il New York Times. Ne emerge un resoconto onesto e privo di ideologie sulla vita quotidiana che non poteva essere più lontano dall’American way of life. Le pagine del diario e le fotografie che raccontano la vita a Mosca, a Kiev, a Stalingrado e nella Georgia sono il frutto di un viaggio straordinario e un documento storico unico di un’epoca.    A settant'anni dalla prima edizione, tornano in libreria queste pagine in tutta la loro bellezza: un reportage culturale sulla gente comune di uno dei paesi meno esplorati dai giornalisti e dai reporter mondiali. Steinbeck e Capa riescono nel loro intento di dare “un volto al nemico” troppo spesso disumanizzato nella retorica politica. Una notevole lezione di umanità ed empatia che ci ricorda ancora oggi l’importanza di conoscere concretamente luoghi e persone, per superare pregiudizi e ignoranza. 

Rivela Steinbeck: "Ci accorgemmo che c’erano cose che nessuno scriveva mai sulla Russia, cose che ci interessavano più di ogni altro. Che abiti indossa la gente da quelle parti? Che cosa mangia a pranzo? Si danno anche feste e ricevimenti? E che genere di cibi si mangiano? E come si fa all’amore o in che modo la gente va all’altro mondo? Di che parlano di solito in Russia? Si balla, si canta, si gioca? E i ragazzi vanno a scuola? Ti pare che sarebbe stato bello scoprire tutte queste cose, fotografarle, scriverne. La politica russa è importante quanto la nostra, ma ci deve essere poi tutto il resto, laggiù, esattamente come c’è qui. Deve pur esserci una vita privata dei russi della quale non sapevamo nulla, della quale non sapevamo nulla solo perché nessuno ne scriveva mai o la fotografava mai". 

Steinbeck ci fa sapere come sia nato questo libro e questo viaggio e quale sia stato il loro scopo. Era la fine di marzo, Steinbeck sedeva su uno sgabello nel bar del Bedford hotel nella quarantanovesima strada. In quel momento Robert Capa entrò nel bar con un’aria lievemente sconsolata. Erano depressi, non tanto per le notizie quanto dal modo di darle. Un uomo seduto a una scrivania a Washington, sostiene Steinbeck, o a New York, legge i cablogrammi e li elabora secondo la sua forma mentale e il titolo del suo articolo firmato. Quello che spesso ormai leggiamo come notizie non lo sono assolutamente più, si tratta al massimo dell’opinione di un sapientone tra una mezza dozzina d’altri su ciò che questa notizia significa.    Insomma, Steinbeck da famoso scrittore si trasforma in cronista e Capa da fotografo di guerra si trasforma in fotografo di pace. Le pagine sono contrappuntate da foto straordinarie che testimoniano via via i momenti del loro viaggio. Evitarono la politica e i grandi problemi. Si sarebbero tenuti alla larga dal Cremlino, dai militari e dai piani militari. Volevano conoscere in effetti il popolo russo. 

Insieme progettarono un monte di altre cose, non dovevano assolutamente andare in Russia con idee preconcette o riserve mentali, volevano evitare di essere ostili o favorevoli. Avevano come scopo un onesto servizio cronistico: scrivere quello che vedevano senza commenti di carattere redazionale, senza trarre conclusioni su cose che non conoscevano abbastanza, senza arrabattarsi per le lungaggini della burocrazia. In definitiva un libro che non si può non leggere se si vuole conoscere lo stato dei due Paesi alla fine della seconda Guerra mondiale.

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