Venerdì 19 Aprile 2024

Stefano & Miriam: "Un film d’amore e follia"

Accorsi e Leone tornano a lavorare insieme con “Marilyn ha gli occhi neri“. Una commedia che inizia in un Centro di salute mentale

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di Beatrice Bertuccioli

Una coppia cinematografica ricca di fascino e di talento, Miriam Leone e Stefano Accorsi. Sono i protagonisti di Marilyn ha gli occhi neri di Simone Godano, film che ha chiuso ieri sera il Bif&st di Bari e dal 14 ottobre sarà nelle sale. Già insieme nelle tre stagioni della serie ideata da Accorsi, 1992, in questo film sono Clara e Diego: bugiarda cronica lei, preda di molti tic e scatti d’ira lui. Si conoscono in un Centro diurno dove vengono seguite persone che, come loro, soffrono di disturbi del comportamento. Tema serio, la diversità, affrontato con il tocco lieve di una commedia che, nel finale, vira anche sul romantico.

Cosa vi ha convinti a fare questo film?

Accorsi: "Il copione era molto forte, molto coinvolgente. Si capiva che c’era un approccio empatico con i personaggi, che li si guardava dall’interno, senza giudicarli. Poi, per prepararmi, ho letto, mi sono documentato. Ho parlato sia con persone che hanno queste fragilità, sia con persone che li aiutano. Sono stato in un posto, in Lombardia, lontano dalle città, simile a quello del nostro film".

Leone: "Prima di tutto voglio esprimere la mia gioia perché questo film esce al cinema. Quanto al mio personaggio, devo dire che a un certo punto Clara è diventata un’amica che io avrei voluto avere, perché è quell’amica un po’ matta che non crede tanto in sé stessa ma riesce a stabilire un rapporto empatico con gli altri. È una che prende un gruppo di ‘svitati’, diciamo così, e li porta a credere in sé stessi. Il film parla dell’altro da te che è dentro di noi, di come quello che ci dà fastidio nell’altro sia in realtà quello che non sopportiamo o che non vogliamo vedere di noi stessi".

Difficile trovare elementi di contatto con il personaggio?

Accorsi: "Paradossalmente, trovo più difficilmente qualcosa che mi accomuni a personaggi, diciamo ‘normali’. In questo caso, invece, anche con mio grande stupore, è stato più facile perché certe piccole ossessioni che ognuno di noi ha, certe manie, tic, sono gli stessi che questi personaggi esprimono con grande forza. Siamo quindi portati a identificarci, a specchiarci in loro".

Difficoltà a diventare Clara?

Leone: "Questo personaggio è stato una sfida seria, bellissima, a cominciare dalla difficoltà di portare le lenti a contatto per rendere neri i miei occhi, senza togliere verità allo sguardo, e per riuscirci mi sono allenata per settimane. Anche io per prepararmi ho frequentato alcuni Centri diurni ed è stata un’esperienza molto forte, anche perché sono stata tra queste persone spacciandomi per una di loro. Mi ero camuffata, anche se poi forse non ce ne sarebbe stato bisogno perché non è che sono Gianni Morandi o Stefano Accorsi, che tutti lo riconoscono. E poi fare un film che gioca con registri diversi, è stata una grande opportunità".

Secondo voi com’è questo periodo che stiamo vivendo?

Leone: "Credo che sia un momento di grande fermento, in generale e nel cinema, anche italiano. Vedo cose belle, nuove generazioni al lavoro e tante novità. Il film ci dice come davvero l’unione fa la forza e mai come in questo periodo abbiamo bisogno di credere nell’unione, anche nella diversità. E credo che questo, nel mondo, stia cominciando ad accadere. Io sono ottimista".

Accorsi: "Ultimamente si è discusso molto di politicamente corretto, di come si starebbe esagerando. Ecco, facendo personaggi come questi, ci si rende conto di quanto sia difficile fare parte di una minoranza rispetto a una maggioranza che ti guarda con paura, con sospetto, con disprezzo. Questo film ci ricorda come sia facile sentirsi forti quando si è in tanti, e come sia difficile, quando si è in pochi, essere sereni. Porta alla luce il profondo disagio che si può sentire, e per questo, credo che andrebbe proiettato in quelle aree dove queste difficoltà non vengono capite".

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